Tracy McGrady può essere usato benissimo come sinonimo di “What if”, oppure anche di sfortuna. Talento ammaliante, paragonabile ai migliori di sempre, prestazioni rimaste nei ricordi di tutti gli appassionati, ma tutto ciò sempre accompagnato da un’aura di sfortuna che aleggiava su di lui. Nel giorno del suo quarantunesimo compleanno vogliamo focalizzarci sulle fasi salienti della carriera di T-Mac.
Tracy Mcgrady e il “Family Business”
“With the 9th pick in the 1997 NBA Draft, the Toronto Raptors select Tracy McGrady from Mount Zion Christian Academy.”
Comincia così la carriera tra i professionisti NBA di un giovanissimo Tracy McGrady, introdotto nella Lega da David Stern. Il freschissimo 18enne infatti entra in NBA direttamente dall’high school, saltando la fase universitaria.
McGrady approda così a Toronto, ma il primo “What if” della sua carriera è stato rivelato recentemente, dopo i primi episodi di The Last Dance. Infatti Jerry Krause era intenzionato a scambiare Scottie Pippen, e aveva puntato gli occhi anche su Tracy McGrady: Krause voleva scambiare Pippen per la quarta scelta di quel Draft, di proprietà di Vancouver, e selezionare McGrady. Poi come tutti sappiamo intervenne Michael Jordan, così Pippen e McGrady presero percorsi diversi.
I primi anni a Toronto non furono facili per T-Mac, che però venne preso sotto l’ala protettiva della stella di quella squadra, Vince Carter. I due poi scoprirono di essere cugini, e l’affiatamento non pote far altro che crescere.
Nelle prime stagioni McGrady viaggiò rispettivamente a 7 e 9.3 punti di media, ma durante la sua terza annata NBA esplose, e concluse l’anno con 15.4 punti, 6.3 rimbalzi e 3.3 assist a partita.
Gli occhi delle altre squadre cominciarono a puntarsi su di lui, e nell’estate del 2000 fece armi e bagagli per tornare nella sua Florida.
T-Mac is Magic
La crescita di Tracy McGrady vicino alla sua città natale, Bartow, fu palese. T-Mac infatti si ritrovò ad essere la stella assoluta della squadra, visti anche i continui infortuni di un altro talento incredibile come Grant Hill.
Ad Orlando McGrady ereditò il numero 1, appartenuto al suo idolo d’infaniza Anfernee ‘Penny’ Hardaway, e alla fine della prima stagione vinse il premio di Most Improved Player, ovvero il premio che andava al giocatore più migliorato rispetto alla stagione precedente. McGrady infatti era passato dai 15.4 punti di Toronto ai 26.8 della prima stagione ai Magic, contornati anche da 7.5 rimbalzi e 4.6 assist a partita.
Negli anni successivi oltre a regalarci la Remix Dunk all’All Star Game 2002 e la partita da 62 punti contro gli Washington Wizards, McGrady vinse il premio di miglior marcatore della Regular Season 2002/2003 (32.1 punti a partita) e 2003/2004 (28 punti a partita), oltre ad essere convocato per quattro All-Star Game consecutivi.
Ai Playoffs però le cose non andarono bene per Orlando e T-Mac: in quattro anni tre eliminazioni al primo turno, con il rapporto col GM John Weisbrod ormai logoro. La conseguenza fu la partenza di Tracy McGrady, che volò a Houston in cambio di Steve Francis.
Do you believe in miracles?
Era il 10 dicembre 2004, e gli Houston Rockets del neo acquisto Tracy McGrady ospitavano i San Antonio Spurs del trio composto da Tony Parker, Manu Ginobili e Tim Duncan.
Partita dal bassissimo punteggio e con San Antonio in controllo: infatti il punteggio diceva 76-68 in favore degli Spurs a 35 secondi dalla fine. Ma quello che successe in quei 35 secondi è ancora nel cuore di tutti gli appassionati della NBA, oltre che degli Houston Rockets.
Tracy McGrady (20 punti fino a quel momento) si scatena, segna tre triple (una con fallo) e riporta Houston a -2 sull’80-78, con soli 11.2 secondi da giocare. Rimessa in attacco per gli Spurs, Devin Brown riceve palla ma perde il controllo e su di essa si avventa T-Mac, che parte in contropiede spinto dal ruggito del Toyota Center. McGrady arriva dall’altra parte del campo, si alza da tre punti, per un tiro che sembra non finire mai. E’ canestro, solo retina. Il Toyota Center impazzisce, e con soli 1.7 secondi gli Spurs non riescono a rispondere.
Va in scena una rimonta incredibile, una delle prestazioni individuali migliori di sempre: 13 punti in 35 secondi.
“Do you believe in miracles?”
Questo il commento a caldo del telecronista di Sky Sport Federico Buffa, in visibilio assieme a Flavio Tranquillo durante il commento di quella partita.
E’ sicuramente l’apice della carriera di McGrady, uno dei suoi momenti migliori. A Houston però la fortuna inizia a non girare. Tracy infatti nonostante delle prestazioni maiuscole non riesce a superare il primo turno dei Playoffs: i Rockets escono per mano di Dallas nel 2005, e per mano di Utah sia nel 2007 e sia nel 2008. Inoltre anche il suo fisico comincia a fare i capricci troppo spesso, infatti le ginocchia e la schiena cominciano a tormentarlo. Tra le stagioni 2008/2009 e 2009/2010 salta molte partite, e così la favola di Houston finisce.
La fine della carriera di Tracy McGrady
Dopo gli anni di Houston comincia la fase calante di Tracy McGrady, che nonostante un fisico ormai logoro dispensa lampi di assoluto talento. Gli ultimi anni in NBA li passa con la valigia in mano, giocando per squadre come New York Knicks, Detroit Pistons ed Atlanta Hawks, prima di approdare in Cina al Qindao Double Star.
L’ultima apparizione in NBA di McGrady avviene durante i Playoffs 2013, infatti i San Antonio Spurs, squadra indiscutibilmente nel suo destino, decidono di firmarlo per la corsa al titolo. T-Mac riesce così nell’obiettivo di superare il primo turno di Playoffs, seppur da role player, e gli Spurs arrivano alle Finals, perse contro i Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh.
Ma l’attestato di stima in tempi non sospetti arriva dal giocatore, nonchè amico, a cui è stato accostato per forza sul campo e rivalità. Si tratta del compianto Kobe Bryant, che ha avuto parole al miele per McGrady in un suo libro.
“Tracy McGrady è stato il giocatore più difficile da marcare in tutta la mia carriera, in attacco poteva fare tutto quello che voleva”.
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