Alla vigilia del 31° anniversario, riviviamo le sensazioni di uno dei finali di campionato più discussi e incredibili di sempre, nella storia, probabilmente, dello sport in generale.
Milano, quasi in modalità The Last Dance, vista l’età dei campioni che la componevano, regalò l’ultima gioia di quel ciclo che definire vincente è riduttivo. Domani, saranno 31 anni da quell’Olimpia Milano-Enichem Livorno, che ancora oggi fa rabbrividire i tifosi biancorossi.
Olimpia Milano, la stagione
L’Olimpia Milano faticò e non poco nella prima parte di stagione, tanto da convincere Franco Casalini e Cappellari ad intervenire sul mercato e firmare Albert King. Oltre ai soliti Meneghin, Mcadoo, D’Antoni e Premier, Milano può contare su nuovi arrivi di livello come Montecchi (giunto in Lombardia l’anno prima), Pessina e un giovanissimo Flavio Portaluppi. I biancorossi, dopo la Coppa dei Campioni della stagione precedente, si fermò alle semifinali sia in Coppa Italia contro la Knorr Bologna, sia in Coppa Korac contro gli acerrimi rivali di Cantù. Inoltre, il rendimento in campionato fu abbastanza altalenante tanto che la squadra di Meneghin e D’antoni chiuse la regular season al 5° posto. L’Olimpia faticò al primo turno con Desio, rimontando la prima sconfitta e superò con meno problemi del previsto la Benetton Treviso ai quarti.
In semifinale, ritrovò la Pesaro che un anno prima aveva trionfato in campionato prorpio contro la squadra più titolata d’Italia e, già, in questa occasione avvenne qualcosa di incredibile.
Gara 1. La Scavolini di Darren Daye (1° in regular season) è in controllo, quando manca poco al termine. All’improvviso Meneghin si accascia sul parquet, colpito da una monetina proveniente dagli spalti. Seguiranno proteste e clamori, finalizzati con la decisione della vittoria a tavolino per Milano.
Incredibilmente l’Olimpia è in Finale Scudetto. Ad attenderla, Livorno.
Olimpia Milano, 6 secondi che valgono 30 anni
Milano e Livorno si spartiscono 1 vittoria in casa e 1 in trasferta a testa, rimandando il discorso Scudetto a gara 5, in Toscana.
“Facemmo allenamento di tiro”, ricorda Pessina; “poi andai con Premier in edicola, dove vendevano già degli scudettini“.
Premier: “Quel gruppo non si piangeva addosso, non si voltava indietro. Niente era impossibile, anche in quel palazzetto piccolo e caldo“.
Il primo tempo è equilibrato. Per i livornesi, Alexis pare immarcabile, mentre Milano si aggrappa al talento di King. Il secondo tempo è tutto nervi e tensione agonistica, parziali e controparziali. Pessina guida il +9, ma un fallo antisportivo di Premier concede a Livorno l’occasione per tornare in partita. Poi Mcadoo. Una giocata storica, che va oltre tutti i suoi 38 anni, tutta la sua carriera, un tuffo a fermare Tonut lanciato in contropiede.
E’ una partita fatta di immagini iconiche del basket italiano.
A 6 secondi dalla fine Premier sbaglia una tripla aperta sul + 1 Milano. Contropiede Livorno, Forti segna allo scoccare della sirena. L’arbitro sotto canestro dice fallo e canestro buono, l’arbitro dietro sentenzia la vittoria Olimpia perché fuori tempo massimo. Milano scappa negli spogliatoi a braccia alzate, i tifosi di Livorno invadono il parquet convinti di aver conquistato il loro primo scudetto. In entrambi gli spogliatoi si festeggia. Nel delirio generale, Cappellari attraversa il campo prendendosi insulti di ogni tipo e, silenziosamente, regala la migliore notizia possibile.
Un finale contro il tempo e che è diventato senza tempo. 31 anni racchiusi in quei pochi istanti.
(ne abbiamo parlato con Franco Casalini, settimana scorsa).
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