La pandemia Covid-19 ha colpito specialmente le donne, tra la perdita di posti di lavoro,
l’aumento della violenza domestica e del carico mentale.
Questo richiede una risposta femminista e globale, secondo l’allarme lanciato dall’Institute for International Women’s Rights di Manitoba (Canada).
Lo hanno provato sulla nostra pelle quante fra noi donne sono rimaste a casa con i figli durante la quarantena da Covid-19. Condividendo stretti spazi e device domestici, e moltiplicando i propri ruoli, con un carico mentale opprimente. Donna, madre, maestra, intrattenitrice, bidella, diplomatica nella liti fra fratelli, cuoca, colf e nel frattempo sveglia e concentrata lavoratrice in smart working, altro che multitasking!
Quante, in una prospettiva di DaD ad oltranza e di asili nido chiusi stanno pensando di rinunciare alla propria carriera, mettendo da parte la propria indipendenza, per la necessità di badare ai figli, specialmente in età prescolare.
E quante hanno visto le ore di lavoro ridursi, se non annullarsi del tutto.
Lo abbiamo provato: le donne pagano il prezzo più alto. Il carico mentale si moltiplica in una nazione convinta che sia normale per la donna occuparsi di tutto, tranne dello sviluppo della propria carriera.
Ma purtroppo, questa è solo la punta dell’iceberg.
Le donne sono in prima linea contro il Covid-19
Le donne hanno più possibilità contrarre il Covid-19 non per una questione biologica ma perché, secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, rappresentano il 70% dei lavoratori nel campo della salute e del sociale. Alcuni ruoli sono in stretto contatto con i soggetti a rischio, affrontando quotidianamente un possibile contagio, come infermieri, addetti delle pulizie negli ospedali, commessi, badanti, personale di case di cura, e la maggior parte di questi lavoratori sono donne.
La pandemia da Covid-19 ha amplificato la disparità di genere
La perdita dell’occupazione sta colpendo duramente le donne. E’ un aspetto estremamente importante, perché siamo già fanalino di coda in UE per l’occupazione femminile, con il 48,9% di donne occupate a fronte di un 67% degli uomini. Donne che devono rinunciare alla propria indipendenza, alla costruzione della carriera, per andare ad occuparsi dei minori e degli anziani malati, in assenza di un’organizzazione statale, non solo in una situazione di emergenza come la quarantena, ma continuando ad essere protagoniste del sostegno anche nella fase 2.
Ed anche coloro che mantengono il proprio lavoro, trasformandolo in smart working, sono vittime della disparità di genere. I ruoli che una donna deve assumere nella maggior parte delle famiglie trasformano il suo lavoro in qualcosa che di smart ha ben poco: si chiede che la donna sia come in ufficio, presente, competente, attenta, ma anche che sopperisca alla chiusura delle scuole intrattenendo i figli e gestendo la didattica a distanza, copra la chiusura delle mense scolastiche con la preparazione di pranzi nutrienti per tutta la famiglia, e via dicendo. Potremo parlare di home working, un lavoro senza pausa, un carico mentale difficilissimo da sostenere.
Il Covid-19 non è l’unico ad attaccare le donne
La convivenza forzata ha portato inoltre, in tutto il mondo, ad un aumento della violenza domestica. Sono aumentate del 74% le chiamate alle reti di sostegno, in particolare dalla Lombardia e dalla Toscana. il mostro si nasconde fra le pareti domestiche.
Sono stati avviati dei progetti per rispondere all’emergenza, come l’estensione di YouPol, l’app della Polizia finalizzata alla segnalazione di episodi di spaccio e bullismo, anche alla violenza domestica.
E il lancio di un numero verde 800.13.17.24 da parte dell’associazione WeWorld per dare supporto a donne in difficoltà durante la quarantena da Covid-19.
Anche mascherina1522 nato dalla collaborazione fra le associazione dei farmacisti e i centri antiviolenza rientra tra le misure adottate, ma quest’ultimo è stato però criticato dall’associazione D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza.
Un protocollo d’intesa fra il dipartimento Pari Opportunità e la Federazione Ordini Farmacisti Italiani, Federfarma e Assofarm, c’è stato, ma per indirizzare le donne vittima di violenza e stalking al 1522, senza essere messe direttamente a contatto con i centri antiviolenza del territorio, come sembrava dal tam tam sui social.
Una risposta femminista
E’ necessario rispondere qui ed ora a questo allarme, avviando una discussione attiva che porti a risposte pragmatiche. Pretendendo un obiettivo di genere nella progettazione di interventi governativi.
Diffondendo solidarietà’ e sorellanza, condividendo sui propri social le iniziative a sostegno delle disoccupate e delle vittime di violenza, gli articoli per informare e pubblicizzando discussioni e dibattiti. Lottando insieme per modificare i modelli sociali. Siete pronte, Brave girls?
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