Tra le realtà più belle del nostro basket non può di certo non figurare la New Basket Brindisi. L’unica società a cui è affidato il compito di rappresentare un Sud, appassionato di pallacanestro, ma purtroppo poco presente nei vertici della palla a spicchi italiana. Dal 2012 Brindisi milita regolarmente in massima serie, dimostrandosi come uno tra gli avversari più temibili del campionato. Il segreto? Tra i tanti c’è sicuramente l’affezionato pubblico che accompagna i pugliesi. Il Pala Pentassuglia si può considerare come uno dei palasport più caldi in assoluto. Quest’oggi useremo la lente d’ingrandimento per focalizzarci sull’origine della casa dei brindisini, concentrandoci in particolare sul signore a cui è stata intitolata: Elio Pentassuglia.
Pala Pentassuglia, la casa di Brindisi
Il palazzetto brindisino viene realizzato nel 1981 dopo il ritorno in Serie A. La struttura ha un suo completamento nel giro di pochi mesi. La frettolosa messa in piedi dell’impianto causa dei disagi che dureranno fino alla fase di restyling. Ciò riguarda la copertura del palazzetto che all’inizio doveva essere progettata in cemento o legno, per poi ricorrere ad una copertura tensostatica che ha causato problemi di condensa al parquet.
Nel 2007 viene ristrutturato. Si parte proprio dalla copertura, questa volta in legno, per poi l’anno seguente occuparsi anche delle strutture relative al campo di gioco, spogliatoi ecc. Con la promozione in Serie A del 2010, la capienza passa dai 2502 ai 3534 posti.
“Big Elio”, leggenda a Brindisi e Rieti
La Brindisi del dopoguerra,appassionata di pallacanestro, si divide in due fazioni di influenza politica. C’è l’Azzurra Brindisi, guidata dal deputato socialista Mario Marino Guadalupi, e la Libertas Brindisi, che già dal nome fa intendere una vicinanza ai valori democristiani. L’ultima è quella che ha raggiunto i risultati più alti. E’ la società a cui è legato Elio Pentassuglia. L’allenatore brindisino inizia la sua attività sportiva da giocatore di pallavolo. Una grave forma di reumatismo lo portò a seguire delle cure che lo fecero ingrassare e da lì nasce il soprannome di “Big Elio”. La carriera da coach parte dalle giovanili della Libertas, prendendo parte anche ai progetti delle rappresentative B di Nello Paratore e Giancarlo Primo.
Nel 1973 Pentassuglia firma alla Partenope Napoli, cominciando il suo percorso da head coach. Dice addio al capoluogo campano dopo 3 stagioni, per via di alcune divergenze con il veterano Carlos D’Aquila. E’ la volta quindi di accasarsi a Rieti. “Big Elio” deve salvare i laziali dal pericolo di una retrocessione in A2. Cosa che a fine stagione avviene, ma diventa utile mettere in piedi un nuovo progetto. Un roster caratterizzato da un mix di giovani italiani promettenti, vedi Roberto Brunamonti, e di stranieri di esperienza come Willie Sojouner. Nel ’78 riesce a riportare Rieti in Serie A1 e in semifinale Scudetto. L’anno seguente i rietini raggiungono lo stesso piazzamento ai play-off ed una finale di Korac persa contro il Partizan. L’anno dopo però arriva una seconda possibilità. Questa volta la Sebastiani non sbaglia. Rieti conquista il trofeo sconfiggendo in finale il Cibona Zagabria.
Pentassuglia, la tragica scomparsa
Pentassuglia dirà poi sì a Varese. Una parentesi però sfortunata. Viene infatti esonerato dopo 2 stagioni. Sembra tutto pronto quindi per rivederlo nella sua città natale. Così firma per la Bartolini Brindisi. Ci rimane per 3 stagioni, dal 1982 al 1985, con i pugliesi che militano in Serie A2. Successivamente arriva il momento di lasciare nuovamente casa per ritornare in quella adottiva. Rieti ha bisogno di lui. In pochi anni i laziali sono precipitati in Serie B. Pentassuglia di fatto non inizierà mai quella nuova avventura. Big Elio, come per tradizione, scende in Puglia per la celebrazione dei santi e dei morti. Nel viaggio rimane vittima di un incidente stradale che gli costa la vita. Muore il 31 ottobre del 1988 all’età di 56 anni.
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