La Venere Nera nasce come uno degli strumenti più importanti della propaganda coloniale. I corpi delle ragazze africane, più o meno nude, erano il fulcro delle stampe periodiche a partire dal 1880, che volevano mostrare le imprese italiane in Africa: il possesso della donna era metafora della conquista della terra. Inoltre, la disuguaglianza del contesto coloniale si sposava molto bene con le disuguaglianze di genere: la donna nera era vista come l’apice dell’erotismo, docile, ma al tempo stesso pericolosa e primordiale.
In questa breve retrospettiva BRAVE vogliamo parlare di cosa ci racconta del nostro passato coloniale la figura della Venere Nera, dal Fascismo alla Blaxploitation
Il fascismo e la paura del meticciato
Con il fascismo cambia anche il ruolo della Venere Nera nel nostro immaginario. Le donne africane non erano più delle languide incantatrici, ma caricature. In alcune vignette o poster propagandistici apparivano prive di ogni caratteristica umana, e spesso paragonate a degli animali. La donna nera smette dunque di essere lo specchietto per le allodole dei colonialisti italiani, e viene dipinta come ridicola e pericolosa. Alle mogli italiane viene infatti consigliato di accompagnare i mariti nelle imprese coloniali e di abbandonare ogni velleità emancipatoria, per non farli cedere alle tentazioni. D’altra parte anche gli uomini vengono incitati a proteggere le loro donne dai possibili assalti degli indigeni (stereotipo arrivato fino ai giorni nostri).
Non è un caso che questa svalutazione coincida con le leggi razziali. Il “meticciato”, ovvero la nascita di una prole da una coppia “mista”, era infatti la peggior minaccia alla purezza della “razza” italiana.
Anni Settanta: femminismo e Blaxeploitation
Incontriamo nuovamente la Venere Nera grazie al genere Blaxeploitation, nato come sottogenere dell’exploitation (film con trame quasi assenti, e largo uso di nudità e violenza). Nel dizionario di cinema di Frank Beaver definisce la Blaxeploitation un genere di film commerciali degli anni ’70, destinati al pubblico afro-americano, in crescente aumento. Queste pellicole, erano ricche di stereotipi razzisti, ma con delle protagoniste femminili simili alle eroine di un film d’azione contemporaneo: sexy, indipendenti e coraggiose.
In Italia la situazione era un po’ diversa. Nel nostro paese il cinema era destinato principalmente agli uomini bianchi, dunque la rappresentazione della Blackness aveva come unica funzione quella di compiacere il pubblico maschile. Al tempo stesso, negli anni ’70 il femminismo inizia a prendere sempre più piede in Italia: la figura della donna cambia, esce dalle mura domestiche e inizia a mettere in discussione anche il ruolo del maschio. L’uomo ha quindi bisogno di ritrovare donne rassicuranti, docili e sexy: così esplode il cinema erotico italiano. Tanto più le donne progredivano nelle loro battaglie, tanto più volgari diventavano i film, riportando alla luce figure di donne ormai lontane: la Crocerossina, la Lolita o la Venere Nera. Il regista che più di ogni altro si dedicò a questo genere fu Luigi Scattini, con la sua musa, Zeudi Araya. La donna nera in questi film si proponeva in contrasto con la moglie occidentale, e riportava l’uomo a una sessualità più spontanea e rassicurante.
Che fine ha fatto la Blaxeploitation oggi?
Ben presto in America la Blaxeploitation raccolse molte polemiche dalla NAACP (Associazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore) e da altre associazioni, per gli stereotipi che portava sullo schermo. Bisogna infatti ricordare che erano film diretti e scritti soprattutto da uomini bianchi. Il genere in America si spense grazie a queste polemiche. In Italia, invece, cambiò forma, passando da rappresentazioni di sessualità concilianti, a scenari più violenti e perturbanti. La Venere Nera smette dunque di essere un’alternativa alla donna italiana, per diventare anch’essa pericolosa. Così Il genere Blaxeploitation perse proggressivamente ragione d’esistere.
La vicenda della figura della Venere Nera è la chiara dimostrazione di quanto spesso la feticizzazione sia il riflesso di una forma di discriminazione. Se questo valeva negli anni ’70 per le donne nere, oggi potremmo dire lo stesso di tutte quelle donne che trovano spazio sulle categorie di Pornhub, ma non nella nostra vita quotidiana.
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