Migliaia di sex workers nigeriane sono state lasciate morire di fame in Italia durante la quarantena. Una notizia, riportata dal Guardian ma partita dalla denuncia di un’onlus italiana, che sembra incredibile. Analizziamola insieme.

Sex workers nigeriane

Decine di migliaia di donne sono arrivate in Italia dalla Nigeria negli ultimi anni, passando dalla Libia. Di queste, come riporta l’Ufficio internazionale delle migrazioni delle Nazioni Unite, l’80% finisce nelle mani delle bande di trafficanti di sesso. Le costringono a prostituirsi per saldare un debito può arrivare fino ai 40.000 euro. Ne impediscono la fuga minacciandole con il juju, un rituale di magia nera molto temuto in Nigeria.

Dei rituali juju se ne parla da anni in Italia. Li ha portati a conoscenza del grande pubblico Gad Lerner con un reportage sulla tratta, e ne parla Okokon, la cofondatrice insieme al marito Alberto Mussino di Piam onlus (Progetto Internazionale Accoglienza Migranti). Okokon è stata anche lei vittima della tratta nel 1998, conosce bene i rituali juju che molte vittime sono costrette a subire. Sono rituali complicati e spaventosi che spesso usano il sangue, i capelli e gli abiti delle donne, legando la donna al suo trafficante e ai debiti che dovrà affrontare.

Questa pratica, che per noi può sembrare un rimasuglio di antiche superstizioni, è davvero un legame fortissimo per queste donne. I medici dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania hanno denunciato due anni fa almeno venti ricoveri in un anno di donne nigeriane, alcune minorenni, addirittura dodicenni, picchiate e stuprate dai trafficanti. Ma psicologicamente terrorizzate dal rituale tanto da rifiutare cure e alimentazione.

sex workers in Italia credits: Piam onlus
Sex workers in Italia credits: Piam onlus

Come il Covid ha aggravato la loro situazione

Per l’assenza di clienti durante la quarantena molti trafficanti di essere umani hanno abbandonato le loro prigioniere e i loro figli, non portando loro viveri e non fornendo denaro per pagare l’affitto. Essendo sex workers ed immigrate irregolari, non hanno potuto accedere all’assistenta finanziaria statale. Sono rimaste sole.

Alberto Mussino, della Piam onlus sostiene che

I trafficanti di sesso non avevano interesse a nutrire o aiutare le donne nigeriane durante la pandemia Agli occhi dei trafficanti di sesso queste donne sono subumane, sfruttate per arricchire i loro protettori, che le trattano come bancomat. E quando il bancomat si esaurisce, lo scarta e ne cerca un altro.

L’intervento delle associazioni

Piam Onlus è la rete antitratta di Asti, che accoglie le donne che denunciano i loro sfruttatori. In questi mesi non si è tirata indietro ed ha agito in questa situazione di ulteriore emergenza, per quando le fosse possibile. La stessa associazione è infatti in crisi e rischia di chiudere, perché nonostante agisca in accordo con la Piattaforma Nazionale Antitratta, il Ministero delle Pari Opportunità e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si trova in gravi difficoltà economiche: dal luglio 2019 non vengono pagati dalla Prefettura di Torino, secondo quanto riportato dal loro sito.

sex worker sedicenne credits: Piam onlus
sex worker sedicenne credits: Piam onlus

A Napoli ed in Sicilia lo scenario non cambia

Per la realtà siciliana parla suor Valeria Gandini, denunciando di aver ricevuto molte chiamate di soccorso da sex workers, perché rimaste isolate con i loro bambini e senza fondi:

Molte sono state lasciati a casa da sole con bambini piccoli e senza cibo. Dall’inizio del blocco, abbiamo consegnato generi alimentari alla loro porta, dato che le riunioni faccia a faccia non erano consentite. Quando il governo ha iniziato ad allentare le restrizioni, hanno iniziato a venire nella nostra chiesa in cerca di cibo.

Jean d’Hainaut denuncia un’analoga situazione di emergenza a Napoli. E’ il coordinatore della cooperativa Dedalus, che aiuta le donne a cercare di liberarsi dai loro protettori. Nel capoluogo campano, dove migliaia di donne di varie nazionalità sono state costrette a entrare nell’industria del sesso, la cooperativa Dedalus ha avviato un’iniziativa di crowdfunding a marzo per fornire aiuti e pacchi alimentari, durante la pandemia, alle donne vittime di tratta ai fini sessuali.

L’emergenza non si ferma con la fase 2 o 3 della lotta al Covid. Non è (solo) una questione di lockdown, ma una problematica ben più profonda che, senza la quarantena, avremo continuato a ignorare, ad accantonare in fondo alla mente. Ma è il momento di affrontarla.

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