La grazia e la padronanza. La tenacia che ti fa bella e la sensibilità come un dono purissimo. La fotografa palermitana Letizia Battaglia, già fotoreporter per il quotidiano L’Ora, raccontata nel suo privato. A partire dalla sua giovinezza, turbolenta, in un’isola arsa dal sole. Terra di calore e asprezza. Fino al lavoro sulle strade per documentare le stragi di mafia degli anni ’70, ’80 e ’90.
Il film sulla sua vita è uscito il 16 Luglio, con la regia di Kim Longinotto. Un documentario dal titolo Shooting the Mafia, ispirandosi nella sua denominazione, proprio all’attività contro la mafia della fotografa nella sua carriera. Presentato al cinema nel 28° anniversario della strage di via D’Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. E dal 1969 i suoi scatti sono la documentazione dei delitti avvenuti.
“Io dovevo fotografare”
La scelta nobile e faticosa di fermare in un istante, con l’obiettivo, gli omicidi di cosa nostra, avvenne a seguito dell’uccisione nel 1980 di Piersanti Mattarella. La Fiat 132 di colore blu scuro, e lui che morirà tra le braccia di suo fratello Sergio, sono strazianti momenti immortalati per sempre da lei. Così, a 40 anni, si rese conto, o semplicemente si consegnò, a quella che è sempre stata più di una vocazione. L’amore per la fotografia.
Quanta passione in uno scatto
Questo il suo talento. Naturale quanto estraniante. Che ti porta a focalizzare prima con gli occhi, poi, a impugnare una macchina fotografica catturando l’istante giusto. Sentendo quasi vibrazioni, come corde pizzicate che arpeggiano tra testa e cuore. Il suo sguardo costantemente posato su Palermo. Raffigurata in ogni suo aspetto. Dalla magia della terra assolata dai frutti che maturano in fretta, allo scempio delle coste. Dalle processioni religiose alle tradizioni che dominano le terre del sud.
L’essenziale visibile agli occhi
La quotidianità, gli abitanti, come pitturati in un quadro in cui la realtà supera la fantasia. La miseria e i lutti. Questi gli obiettivi nei suoi scatti. Enfatizzati dal bianco e nero della pellicola. Che non spegne i colori, ma per un particolare contrasto, ne ravviva forza e significato. Perché “il dolore a colori, non lo puoi raccontare”. La fotografia palermitana di Letizia Battaglia, viene esposta in tutti i musei, e celebrata come sogno della Sicilia libera, dalle prigionie e dalle mafie.
Un documentario rivelatore
Si vuole regalare un ritratto inedito della fotografa, svelata nella sua intimità. Con testimonianze private e video d’archivio. Un riconoscimento alla straordinaria siciliana che ha sfidato, sola contro tutti, la società maschilista del passato e l’omertà della mafia. Smuovendo silenzi, dando luce e volti ai crimini. Una vita vissuta senza schemi, all’insegna della fotografia da strada. La vera maestra per imparare a cogliere la vita vissuta, quegli istanti che, di solito, l’occhio guarda ma non vede.
La fotografia libera i sentimenti
L’universo della fotografia è quello che l’ha salvata. Permettendole di esprimere i sentimenti, le ribellioni che abitano nel profondo. Si sposa molto presto, a 16 anni, e dopo il divorzio, con tre figlie diventa fotografa. Per accompagnare gli articoli che scriveva con delle immagini. Fino ad arrivare alle considerazioni del New York Times, che definì le sue foto “raccapriccianti, inquietanti, tragiche e spesso dolorosamente poetiche”.
Il cuore di un fotografo
Un fotografo scatta prima con il cuore. In una specie di congiunzione tra sensibilità ed estro. Ispirazione e rapidità. Quasi come il tocco delle mani più famose del mondo di Michelangelo. E Letizia Battaglia è una donna carismatica, che racchiude tutto nello sguardo. Passione, fuoco, amore per il suo mestiere. A 85 anni non ha nessuna voglia di arrendersi, ma sogna di continuare a rinnovarsi. Di cambiare il mondo sotto il click di una macchina fotografica.
“Le foto non fatte, fanno più male”
Dobbiamo molto a Letizia. Al suo lavoro da anticonformista. Al suo genio, ma, molto di più, alla sua forza. Siamo riconoscenti a quella tenacia che le ha consentito di fotografare, più forte della disperazione e della commozione, i momenti crudi e inaccettabili della storia italiana. Quando i sentimenti hanno il sopravvento, ma il dovere morale che si ha per il proprio mestiere, non si tira indietro, mai. E, grazie a questo “principio di battaglia”, le foto sono giunte fino a noi. A futura memoria delle generazioni. Per quanto caro e doloroso costi, a volte, ricordare.
Arte, poesia, sogno
Chi non vede la bellezza non sa sognare. Si potrebbe sempre provare a cercarla, a fotografarla. E non tenerla mai per se. Perché la foto è un dono. Una tavolozza di bianchi, neri e variopinti a portata di cuore.
Federica De Candia Seguici su MMI e Metropolitan cinema