Merhan Karimi Nasseri, l'uomo che ha ispirato The Terminal - Photo Credits: tricurioso.com
Merhan Karimi Nasseri, l’uomo che ha ispirato The Terminal – Photo Credits: tricurioso.com

The Terminal è un film uscito nelle sale cinematografiche nel 2004. E’ la terza collaborazione tra due pilastri del cinema statunitense e mondiale, il regista Steven Spielberg e l’attore Tom Hanks. Racconta la storia di Viktor Navorski (Hanks), un cittadino di un fantomatico paese dell’est Europa, Krakozhia. L’uomo si ritrova costretto a vivere per mesi  nell’aeroporto John F. Kennedy International di New York. Questo perché, proprio mentre è in viaggio per gli Stati Uniti, nel suo paese avviene un colpo di stato. A causa di ciò, Viktor si ritrova senza una nazionalità riconosciuta internazionalmente. Non può, di conseguenza, né entrare in suolo americano né viaggiare.

La vera storia dietro a The Terminal

Per il suo film Spielberg è partito da una storia vera. Si tratta di quella di Merhan Karimi Nasseri, o come lui stesso si fa chiamare, Sir Alfred Mehran. E’ un rifugiato iraniano che vive per 18 anni presso l’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. L’uomo, per tutto questo tempo, crea una sua casa nella parte adibita a centro commerciale del Terminal 1 dell’edificio. Questa assurda situazione inizia nel 1988. L’uomo si mette in volo dalla Francia per andare da alcuni suoi parenti in Inghilterra. Al suo arrivo ad all’aeroporto di Heathrown di Londra è fermato dalla polizia inglese per problemi ai documenti. Viene, poi, rimandato in Francia. Nemmeno a Parigi, però, accettano quello che presenta. L’uomo si ritrova, dunque, senza un’identita nazionale accettabile. Non può, di conseguenza, né lasciare la Francia né entrare nel paese. Perciò, è costretto a ririmanere in aeroporto.

Dopo anni, i nuovi documenti arrivano. Tuttavia, è lui stesso a non volere andarsene più. Ormai, dopo così tanto tempo, la sua vita è lì. Decide, quindi, di continuare a vivere nel suo Terminal/casa. La sua permanenza si conclude quando nel luglio del 2006 viene ricoverato in ospedale. È dimesso alla fine del gennaio successivo. Le autorità francesi, però, continuano comunque a prendersi cura di lui. Viene, infatti, affidato alla parte aeroportuale della Croce Rossa Francese. L’associazione gli trova da vivere temporaneamente in un hotel antistante all’aeroporto. Il 6 marzo successivo, viene poi spostato presso la sede parigina dell’Emmaus charity, un ente internazionale che aiuta le persone in povertà o senza dimora. Dal 2008, inizia a vivere in un rifugio parigino. Posto, dove risiete tutt’ora.

La vita prima dell’aeroporto

Nasseri nasce nel 1946 e trascorre la sua infanzia e giovinezza presso la città iraniana di Masjed Soleyman. E’ figlio di Abdelkarim, un fisico che lavora presso la sede cittadina della Anglo-Iranian Oil Company. Oltre a lui e ai genitori, la sua famiglia è composta da altri 4 fratelli e 2 sorelle. Quando è ancora molto giovane, il padre si ammala di cancro. Muore, nel 1967, quando Nasseri ha solo 22 anni. Nel settembre 1973 il giovane si trasferisce all’estero per la prima volta. Va, infatti, nel Regno Unito per frequentare l’Università di Bradford. Qui, inizia a seguire un corso di tre anni in Yugoslav Studies.

Secondo quanto racconta lui stesso, la serie diventi che lo portano ad essere apolide comincia nel 1977. Accade che viene arrestato per la partecipazione a delle proteste contro Mohammad Reza Pahlavi (1919-1980), il sovrano dell?Iran. Il governo come conseguenza lo espelle e gli toglie la cittadinanza. Nasseri, allora, fa domanda d’asilo presso numerosi paesi. Alla fine, nel 1981, riesce ad ottenere lo status di rifugiato dalla United Nations High Commissioner for Refugees in Belgio. Sempre secondo le sue parole, ad un certo punto perde i suoi documenti o glieli rubano. Nonostante ciò, si sposta in Francia dove passa del tempo in prigione per immigrazione illegale. Nel 1988, prova a ritornare in Inghilterra, dove c’è anche parte della sua famiglia, e da qui parte il suo calvario.

Una vicenda non chiara

Il racconto delle vicende che lo hanno portato a vivere d’apolide si è dimostrato presto poco chiaro. Successive verifiche hanno, infatti, mostrato inanzitutto che l’uomo non è mai stato espulso veramente dall’Iran. Ad esempio, le ricerche eseguite da Paul Berczeller, giornalista del quotidiano britannico The Guardian, hanno riscontrano tutt’altro. L’unico problema che Nasseri sembra avere avuto con la giustizia è avvenuto nel 1970. In quell’anno partecipa ad una protesta studentesca presso la Tehran University (Iran). La situazione si scalda un po’ portando all’azione la Savak. Gli agenti interrogano lui e circa una ventina di altre persone. Tuttavia, poco dopo li rilasciano, senza né danni, né torture o accuse.

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Giorgia Silvestri