Il 9 settembre è uscito su Netflix “Cuties”, il film che ha fatto perdere alla piattoforma 9 miliardi di dollari, a causa alla campagna #cancelnetflix, in cui si invitavano gli utenti a disdire l’abbonamento.
Lo scandalo è iniziato con l’uscita della locandina promozionale, che ritraeva delle ragazze giovanissime in pose provocanti e abiti succinti. Questa rappresentazione, però, è stato un passo falso da parte di Netflix, e non mostra davvero il messaggio del film.
“Cuties” è davvero un film scandoloso? noi BRAVE vogliamo dire la nostra.
Di cosa parla “Cuties“
Guardando la locandina Netflix potremmo pensare che Cuties sia il classico film su una gara di ballo, con delle bambine come protagoniste. In realtà ci troviamo di fronte a un film, che, nonostante i difetti, è un’opera autoriale. La regista è Maïmouna Doucouré, una giovane d’origine senegalese, vincitrice anche del Sundance film Festival come migliore regia drammatica. Doucouré racconta una storia semiautobiografica: la protagonista è Amy, una bambina parigina di seconda generazione, che vive in una famiglia musulmana.
Amy in casa subisce gli insegnamenti di una madre e una zia, vittime passive del patriarcato, costrette a sopportare ogni umiliazione e a vivere nascoste. A scuola, invece, conosce un gruppo di ragazzine appassionate di ballo, che le appaiono subito molto più libere e gioiose rispetto al contesto domestico. Amy vuole diventare come loro, quindi ruba un telefono, cambia abbigliamento e non esita a essere anche lei una bulletta. Si rende conto ben presto, però, che quella libertà non è reale, e non è poi tanto diversa dalla prigionia della madre o delle zia. Emblematica è la scena in cui Amy viene presa in giro per le mutande da bambina, ma poi quando mette sui social una foto di lei a gambe aperte per sembrare adulta, il gruppo la esclude
Una polemica eccessiva
“Cuties” è un film colmo di difetti, ma sostanzialmente innocuo. Il fine della regista era quello di raccontare come le bambine occidentali subiscono delle pressioni per essere sexy, fin da ragazzine. Alla fine, il vestito pomposo che Amy deve indossare per il matrimonio del padre, è una divisa, tanto quanto il costume che indossa per twerkare.
Per quanto la regista sia in buona fede, però, questo film ha prestato il fianco a molte polemiche. Innanzitutto la locandina scelta da Netflix è di cattivo gusto, e non rappresenta affatto lo spirito del film. Inoltre, le ragazzine scelte, sono fin troppo credibili nei loro ruoli, e magari una rappresentazione più goffa, e delle riprese meno insistenti sui loro corpi, avrebbero lasciato meno spazio alle polemiche.
Le critiche nei confronti del film sono più che lecite, ma persino le giovanissimi attrici hanno subito cyberbullismo per aver recitato in quei ruoli, come accadde anche Natalie Portman, quando interpretò Mathilda. Per capire “Cuties”, basta paragonarlo a “Lèon”. La dodicenne Natalie Portman, in quel film interpreta una minorenne esplicitamente seduttiva, partorita dalla fantasia di un uomo adulto. In “Mignonnes”, il punto di vista è quello di una giovane regista, che non ha come scopo quello di creare personaggi femminili in grado di solleticare le fantasie del pubblico. Le bambine sembrano solo imitare ingenuamente i modelli da cui vengono martellate, ma non sono mai davvero maliziose o seducenti.
Cuties rappresenta un fenomeno molto diffuso
Maïmouna Doucouré rappresenta una realtà, presente soprattutto su instagram e Tik Tok, ma che ovviamente non approva. A 11 è del tutto normale iniziare a volersi vestire come le ragazze più adulte, o voler ballare come nei videoclip, lo abbiamo fatto tutti/e. La tendenza, però, è spesso quella di colpevolizzare queste bambine che postano sui social, o di vedere la malizia in quello che è solo un gioco. Una bambina di 11 anni che balla in bikini, sta giocando, non sta cercando l’attenzione degli uomini. Il problema è quando alcuni uomini usano la presunta precocità di queste bambine per deresponsabilizzarsi sui propri desideri, e non riflettere sui modelli che vediamo tuttti i giorni e che siamo noi adulti a creare.
Noi siamo fermamente convint* che le bambine devono essere libere di indossare la minigonna a scuola e di twerkare, a patto che rimanga un gioco, e che nessun’adulto sfrutti quest’ingenuità per lucrarci o sessualizzarle.