Abbiamo già visto nello scorso articolo come il canone letterario abbia una costruzione maschile. Le donne non sono solo ignorate dal punto di vista culturale, ma anche da quello sociale e politico.
Accanto alla costruzione del modello debole di donna, esiste una categoria che muove i primi passi verso l’emancipazione e apre la strada al cambiamento.
Movimenti di emancipazione nell’antichità: esistevano davvero?
Una prima forma di emancipazione avviene tra il IV e il V secolo e le protagoniste sono le convertite romane. Monache, matrone e pie donne che abbandonavano le proprie case per servire i poveri e accudire gli infermi e non solo, studiavano anche i testi sacri, accrescendo così il loro livello culturale.
Il campo di movimento delle donne è dapprima l’oralità.
Parlano nelle piazze, spettegolano, cantano, fanno polemica, spiegano le sacre scritture. La religione rompeva il silenzio delle donne, infrangendo il divieto degli uomini di non dover partecipare alle attività politiche, religiose e sociali.
Nell’XI secolo Carlo Magno promuove la riforma scolastica e questa comprendeva l’ingresso delle donne nella cultura, soprattutto aristocratiche e abbienti. Mentre i monasteri acquisivano fama come centri d’educazione di alto livello.
Le donne degne di parola
Sarà importantissimo il ruolo delle badesse, ovvero donne con un potere pari a quello di un signore feudale.
Nei loro scritti consolidano l’immagine della donna debole e inferiore, ma nella realtà dimostrarono di avere una posizione di potere non trascurabile.
Più avanti poi, nell’XII secolo le badesse e aristocratiche anglo-normanne e francesi avranno anche altri ruoli. Ad esempio saranno committenti di libri e promotrici della letteratura in lingua volgare; mentre l’Italia, con un secolo di ritardo, vedrà comparire il pubblico femminile solo nel XIII secolo.
Le donne leggono e insegnano il volgare
Dante: “che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d’intendere li versi latini” non sta parlando di un destinatario fittizio, ma di una realtà sempre più consolidata: la donna che legge.
Infatti dal trecento l’annunciazione presenta la Vergine in lettura. Ma questo cambiamento a livello sociale si può notare anche attraverso altri esempi, come nel V canto della Commedia di Dante con i protagonisti Paolo e Francesca.
Il pubblico femminile nasce in stretta correlazione con lo sviluppo delle lingue nazionali. Lo stesso concetto di lingua madre e volgare sono legati.
Dal De vulgari eloquentia:
[…]chiamiamo lingua volgare quella lingua che i bambini imparano ad usare da chi li circonda quando incominciano ad articolare i suoni; o, come si può dire più in breve, definiamo lingua volgare quella che riceviamo imitando la nutrice, senza bisogno di alcuna regola.
L’oralità, nuova forza
Se la scrittura è uomo, l’oralità è donna.
Con l’avvento del volgare e la rivendicazione della dignità di questo, anche le donne riescono a emergere e a far sentire la propria voce.
In che modo? Il dettato era molto in uso, ma iniziano anche i primi esempi di scrittura autonoma.
L’atto della scrittura comporta l’imporsi di un nuovo punto di vista, mentre il mandato divino conferito alle mistiche donerà loro l’autorità e libertà di pensiero.
Un’autonomia di giudizio quindi che permetterà alle donne di poter analizzare la realtà storica e sociale tra medioevo ed età moderna.
Ad esempio Caterina da Siena affronterà in alcune epistole i maggiori problemi della sua contemporaneità e giudicherà con durezza l’operato della Chiesa.
Caterina incarna la donna forte e coraggiosa che non teme di rivolgere parole dure a critiche ai potenti e così facendo scavalca la condizione femminile del suo tempo.
Un esempio controverso:
Le mistiche sono l’esempio di rottura, ma a che prezzo si otteneva tale dignità intellettuale?
Parliamo dell’umanista Isotta Nogarola. Isotta scelse la vita del monachesimo domestico, ovvero scelse la verginità.
Ed è proprio la verginità che permette alle donne di essere accettate dagli uomini.
Quanto più simili a Maria, tanto più lontane da Eva.
Isotta viene spronata a diventare specchio di Maria, madre e vergine, ovvero l’esempio perfetto della femminilità voluta dagli uomini.
Il prezzo era il proprio corpo, la verginità e la clausura tra le mura domestiche, ma in questo modo Isotta riuscì a dialogare sul tema della responsabilità uomo-donna nel peccato originale e a ottenere l’ammirazione di Papa Niccolò V.
Citiamo alcuni nomi per stimolare la curiosità
Sono solo piccoli accenni di una storia nascosta, poco trattata nei libri di testo e nelle antologie che andrebbero riscoperti.
Sono le mistiche, protagoniste dello spazio sociale, a opporsi al modello di donna costretta alla marginalità, all’obbedienza e al silenzio.
Angela da Foligno dettò il Memoriale in cui si può riscontrare la profonda conoscenza della scienza teologica, spesso in contraddizione con la tradizione cristiana.
Ma anche Chiara d’Assisi che dettò il proprio testamento, nel quale condensa il suo cammino di fede e l’accorata esortazione alle Sorelle di mantenere la promessa fatta a Dio. Di Chiara d’Assisi ci rimangono anche le numerose lettere.
Un altro nome da non dimenticare è quello di Compiuta Donzella, considerata la prima donna a scrivere in volgare italiano.
Conserviamo solo tre dei suoi componimenti, ma in questi è possibile riconoscere le influene dei trovatori provenzali e dei poeti siciliani. Accanto alla conoscenza della teoria, vi è una notevole capacità di linguaggio, il tono sempre raffinato e discreto.
Oltre il canone maschile
Sono testi che potrebbero e dovrebbero essere studiati al pari di quelli composti da uomini, ma che vengono da sempre esclusi dal canone letterario.
Un canone che ha bisogno di un rinnovamento, un canone che deve rispondere ai cambiamenti sociali.
Con il Rinascimento l’esclusione dal canone ufficiale diviene ancora più evidente e, se siete curios* di scoprire altre voci femminili nascoste, vi aspettiamo la prossima settimana con “Le donne ignorate: la letteratura rinascimentale”.