Dopo la morte di un bambino di 6 anni e di un tredicenne, a Houston cresce la paura per l’ameba mangia-cervello, un batterio potenzialmente letale.
PhotoCredit: dal web
L’acqua del rubinetto è pericolosa
Negli Stati Uniti d’America si torna a parlare dell’ameba mangia-cervello. Nello specifico, a Houston, in Texas, i funzionari hanno lanciato l’allarme, affinché i cittadini sappiano che bere l’acqua del rubinetto, ad ora, potrebbe ucciderli. Infatti, a quanto dicono, la rete idrica sarebbe contaminata dalla presenza di un parassita altamente pericoloso chiamato Naegleria fowleri. Le vittime ed i test lo confermerebbero.
Le vittime dell’ameba mangia-cervello
I controlli sono iniziati l’8 settembre scorso, in seguito alla morte di un bambino di appena 6 anni, Josiah McIntyre: un’ameba ha attaccato il suo cervello. Inoltre, qualche settimana fa, in Florida, un ragazzo di 13 anni, dopo essersi immerso in un lago, ha contratto un’infezione che lo ha ucciso. La causa del decesso sarebbe da ricollegare proprio al microbo mortale, con cui il tredicenne dovrebbe essere entrato in contatto durante la nuotata. Oggi, 120.000 persone – ossia i residenti delle aree interessate – non possono più utilizzare l’acqua del rubinetto, se non per lavare i servizi igenici. Il divieto resterà in vigore fino a quando nuovi test non dimostreranno che il sistema idrico dell’autorità di Brazosport è stato depurato.
Un organismo microscopico e letale
Il nome scientifico della suddetta ameba – che più precisamente è un protista – è Naegleria fowleri. Si tratta di organismo a vita libera, un batterio che generalmente si sviluppa nelle acque dolci e tiepide, ma anche nel suolo. Il parassita può infettare le persone entrando dal naso ed arrivando al cervello, causando la meningoencefalite amebica primaria, una rara infezione che colpisce il sistema nervoso centrale e che in alta percentuale risulta fatale. Infatti, la malattia, se non diagnosticata e curata in tempi brevi, impiega soltanto una settimana ad uccidere. In America, tra il 2009 ed il 2018, sono stati 34 i casi segnalati, ed il timore è che ora possano aumentare.
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