Cosa fare quando il bebè ha la febbre

L’aumento della temperatura corporea è una manifestazione fisiologica dell’organismo sano in risposta all’attacco di agenti patogeni. Non c’è da preoccuparsi, ma ecco i segnali che bisogna tenere sotto controllo 

Un improvviso malessere del neonato può mettere in grave allerta i neogenitori, ma non sempre rappresenta un rischio per la salute. È piuttosto la riprova che il sistema immunitario riesce a rispondere alle sollecitazioni esterne a opera di agenti patogeni come virus o batteri. L’intervento farmacologico dovrebbe essere monitorato e cauto, riservandosi di somministrare antipiretici solo se il piccolo manifesta uno stato di malessere diffuso.

Prima di allarmarsi, è bene imparare a riconoscere i segnali che impongono un intervento tempestivo rispetto al naturale decorso di una semplice infezione che l’organismo è in grado di contrastare da sé.

Cos’è la febbre

Prima di parlare di febbre è bene capire di cosa si tratta in fin dei conti. L’innalzamento della temperatura corporea è un fenomeno comune e che riguarda diversi stati della fisiologia umana, non solo legati alla risposta immunologica. Un’intensa attività sportiva, per esempio, provoca un aumento della temperatura ma non per questo si ritiene un problema cui porre rimedio. Allo stesso modo, quando in seguito a un’infezione batterica o virale, si alza la temperatura del corpo è bene considerare in che modo l’organismo stia rispondendo allo stimolo esterno.

L’aumento della temperatura favorisce l’azione degli anticorpi e del sistema immunitario in generale. Mentre, d’altra parte, è noto che gran parte degli agenti patogeni non sopravvive a temperature al di sopra di una certa soglia che il corpo riesce a raggiungere. Frenare questo fenomeno può non essere una buona idea, in fin dei conti.

I pediatri raccomandano di valutare con attenzione diversi parametri prima di somministrare antipiretici o altri antinfiammatori a seconda delle circostanze.

Come si misura la febbre

Non è facile stabilire con esattezza quale sia la soglia d’allerta per un neonato. Alcuni parametri giocano in favore di un’apparente complessità nella corretta rilevazione. È bene definire alcuni aspetti essenziali.

Un bebè di meno di sei mesi è per natura debole e potrebbe non avere risorse sufficienti per fronteggiare un’infezione. L’intervento o la consultazione del pediatra rappresenta, per la maggior parte dei casi, un passaggio obbligato.

Se il bebè non ha patologie conclamate ed è allattato al seno, si potrà valutare l’episodio febbrile senza eccessivo turbamento. L’andamento della temperatura e il modo in cui l’infezione si manifesta nel bebè saranno segnali utili per i genitori per comprendere come agire.

Per misurare la temperatura corporea ci sono diversi strumenti, i pediatri oggi raccomandano l’uso del termometro digitale ascellare. Tra i meno suscettibili d’errore, risulta anche più sicuro del termometro anale che potrebbe far male al piccolo per colpa di un movimento brusco.

Per misurare la temperatura ascellare è sufficiente appoggiare sotto l’ascella il bulbo con il rilevatore e lasciare il termometro parallelo al corpo. In questo modo l’aderenza è la migliore possibile e non c’è rischio che il sensore si sposti per colpa di un movimento involontario.

Quando si può parlare di febbre

La temperatura corporea si assesta intorno a 36,4° e 36,6° C. Questo dato ha una certa omogeneità tra individui, ma può differire in maniera notevole. Le condizioni di normalità possono essere molto dissimili tra un adulto e un altro. Mentre è importante considerare che per un bebè variazioni della temperatura possono essere un segnale che è importante sapere leggere con cura.

Un innalzamento della temperatura rispetto a quella consueta può voler dire che il piccolo ha caldo, è troppo coperto rispetto alla reale necessità ambientale. In ogni caso è il segnale che qualcosa nel suo organismo sta rispondendo a un cambiamento di stato.

Notare un rialzo della temperatura non deve mettere in allarme. Basta monitorare e controllare con una certa costanza l’andamento della febbre. Se la temperatura si alza al di sopra dei 38,5° si tende a suggerire un intervento con antipiretici sotto prescrizione del medico.

In alcuni casi, gli immunologi suggeriscono di non intervenire prima che la temperatura non raggiunga i 39°. Ma si tratta di valutare con attenzione le condizioni in cui si trova il piccolo. Se manifesta malessere e fastidio è possibile considerare l’intervento con l’antipiretico come un palliativo per i dolori associati alle influenze. I più comuni farmaci somministrati in questo caso sono paracetamolo e ibuprofene, che hanno anche un’azione antinfiammatoria che permette di calmare il dolore articolare e il malessere spesso associato alle sindromi influenzali più comuni.

È bene ricordare, infine, che non si devono mai somministrare farmaci senza la stretta sorveglianza del medico che segue il piccolo. Un grande equivoco è pensare che gli antibiotici possano avere effetto sugli stati febbrili. Non tutti sono causati da infezioni batteriche, mentre gli antibiotici non hanno alcun effetto sulle infezioni di origine virale.