Ciccio Caputo è sicuramente l’uomo del momento. Dopo l’esordio con gol in Nazionale, il centravanti pugliese non solo è entrato tra i possibili convocati per Euro 2021, ma si è seriamente candidato per un posto da titolare nel trio offensivo di Mancini. Quella che può essere raccontata come una favola, è qualcosa di più serio di una semplice storia con un lieto fine. Al ragazzino di Altamura che ora è attaccante con la maglia azzurra non è bastato fare la gavetta, ma mantenere una forza e una perseveranza che a chiunque sarebbero mancati. La storia di Ciccio è fatta di alti e bassi, ma con due costanti che continuano a ripetersi: il divertimento e il gol.
Ciccio Caputo e il divertimento
Si vede a primo impatto: Ciccio Caputo quando gioca a calcio si diverte e fa divertire. Voi direte probabilmente che il motivo è che gioca nel Sassuolo di De Zerbi, una delle squadre più frizzanti della nostra Serie A. La risposta sta nel vedere una raccolta di suoi gol anche precedenti alle ultime due stagioni; il vero salto arriva a Bari nel 2008 quando incontra Antonio Conte e partecipa alla promozione dei biancorossi: segna 10 gol in 27 partite e inizia ad essere apprezzato nel panorama cadetto. E nonostante i continui prestiti (a Salerno prima e a Siena poi, sempre con Conte), Ciccio continua a fare gol e a divertirsi. Basti guardare le sue esultanze: se Inzaghi anche per un banale gol in amichevole esultava come in finale di Champions, Caputo gioisce come un ragazzino quando gioca nel cortile di casa.
Il filo rosso della sua storia: il gol
Per un attaccante non fare gol è qualcosa di terribile, una sorta di Vietnam interiore che non ti consente di pensare ad altro se non a quel tiro che non ha gonfiato la rete. Caputo non ha vissuto momenti facili, in particolare tra il 2009 (anno della consacrazione biancorossa) e il 2014. In queste cinque stagioni, eccetto i sei mesi a Siena, la sua permanenza in biancorosso è coincisa con alcune delle più complicate annate dei galletti. Ma lui continua a segnare: 27 gol e 10 assist tra il 2011 e il 2013, finché a bloccarlo è una terribile vicenda extracalcistica, da cui però uscirà pulito. Questa però non lo farà partecipare alla “Meravigliosa stagione fallimentare” del suo Bari, squadra di cui lui sarà sempre tifoso ma con cui la storia d’amore non avrà un lieto fine.
Dopo l’anno di stop, resta in biancorosso per un’altra stagione (continuando a segnare) e poi va via: direzione Virtus Entella, dove si fa notare dall’Empoli e ottiene finalmente la possibilità di giocare da protagonista la Serie A. Nonostante non riesca a ottenere la salvezza con i toscani, Ciccio è ormai considerato un bomber che può fare la differenza nella massima categoria. De Zerbi, notando in lui non un semplice centravanti che fa gol, ma un attaccante completo che gioca e si sacrifica per la squadra, non ci pensa due volte a portarlo a Sassuolo. Qui la consacrazione: 21 gol, cena offerta da Del Piero e convocazione in Nazionale.
Con Ciccio Caputo respiriamo calcio
Sembra una frase retorica, a tratti eccessivamente nostalgica. Pensandoci però, arriverete a capire che una storia come quella di Ciccio Caputo mancava al calcio italiano da troppo tempo. Il bomber di provincia, quello che fa esultare non solo la propria gente, ma tutto il paese: come succedeva con Hubner, con Protti, con Riganò o con Zampagna. Il sacrificio, la perseveranza, la desistenza alla resa sono il pane di chi non poteva e ci è riuscito; di chi ha avuto mille motivi per dire basta e ci ha creduto. A Ciccio Caputo non sono bastati tre gol e qualche buona partita per andare in Nazionale: ha dovuto camminare a piedi da Altamura a Sassuolo e salire sulla cima più elevata per farsi notare. Senza mai guardarsi indietro. Con Caputo torniamo a respirare calcio. Il nostro calcio.
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DELL’AUTORE
Francesco Ricapito