Letture Coraggiose è il nuovo progetto firmato dalle ragazze Brave. Ciò che ci proponiamo sono letture di scrittrici “non-canoniche”, considerate marginali, spesso dimenticate. Riscopriamole insieme dando loro il rispetto che meritano.

La quantità di informazioni che recepiamo ogni giorno non è quantificabile e soprattutto non sempre qualificabile. Però c’è qualcosa che la cultura lascia, un prezioso regalo che prescinde le nozioni. Si tratta del pensiero critico.  Potremmo banalmente ridurlo al saper riconoscere le strutture di un ragionamento. Un parametro coerente riguardo alle informazioni ricevute, differenziando quali sono attendibili e quali meno. 

Sviluppato il pensiero critico la nostra personalità, nel tempo e con l’esperienza, acquisisce un termine di cui negli anni ho imparato ad apprezzare la valenza: autodeterminazione. 

Guardare sé stessi con il giusto rispetto, non indulgente ma benevolo. Io mi autodetermino in relazione al mondo che mi circonda, so osservarlo e integrarlo alla mia persona.

Cultura, letture, autodeterminazione:

Ciò che contribuisce alla propria autodeterminazione è necessariamente anche qualcosa che proviene dall’esterno: i libri per me hanno contribuito in modo preponderante molto più di quanto abbiano potuto fare le scelte sbagliate che solo a quell’età sono giustificate. 

Molti di quei libri li ho scelti personalmente altri mi sono stati “imposti”. Ma imposti da chi? 

Dai professori, dal loro programma scolastico che seguiva e rispettava in maniera ossequiosa il cosiddetto canone letterario. 

Così oggi ho recuperato la mia vecchia antologia di letteratura italiana  e ho dato un’occhiata all’indice. Gli autori evidenziati dovrebbero indicare quelli studiati solo durante l’ultimo anno di Liceo che “didatticamente” si occupa del Primo e Secondo Novecento. 

Italo Svevo; Umberto Saba; Eugenio Montale; Alberto Moravia; Salvatore Quasimodo; Mario Luzi; Cesare Pavese; Beppe Fenoglio; Elio Vittorini; Pier Paolo Pasolini; Giuseppe Tomasi di Lampedusa; Leonardo Sciascia; Vittorio Sereni; Italo Calvino; Primo Levi; Elsa Morante. 

Notate nulla di strano? 

Un unico nome femminile in un anno intero di lezioni di letteratura italiana a cui ogni tanto veniva affiancata una lezione oltre oceano ma rimanendo sempre nella categoria di “scrittori”: Heminghway; Beckett; Márquez. 

E non perché le scrittrici femminili mancassero ma perché escluse da ciò che è definito canonico nella sua accezione più antica. 

Il canone letterario:

La parola “canone” deriva da kánna (canna) utilizzata come unità di misura lineare. Quindi un regolo, un metro da cui poi nel tempo sono derivati i vari significati traslati di “norma”, “regola”, “criterio”, “modello” influenzati dagli ambiti in cui tale termine veniva utilizzato: la religione e il diritto.

Istituzioni potentemente normative all’interno di una comunità tali da detenere quasi il monopolio del termine e da conferirgli un potere normativo e una valenza di autorità significativi. 

Al di là del percorso storico che il termine ha attraversato, nel tempo il canone è andato a definire un insieme di regole, di norme allontanandosi via via dai soli due ambiti di applicazione, religioso e  giuridico, fino ad abbracciare anche le arti. 

In Letteratura il primo canone “significativo” è rappresentato dalle Tre Corone: Dante, Petrarca e Boccaccio.  

Chiunque ha memoria di questi tre autori, i quali hanno meritatamente acquisito la loro fama attraverso le loro grandi opere. 

Ma anche nelle loro opere viene effettuato un rimando ad antichi autori che per loro rappresentavano altrettanto un canone: per Dante erano Orazio, Omero, Ovidio, Lucano e Virgilio. Altri autori considerati i massimi esponenti di una cultura millenaria, grandi maestri della classicità greca e latina. 

Dubito che non conoscessero almeno una scrittrice meritevole di essere annoverata tra questi nomi. E il problema risiede proprio qui. 

Al di la di Elsa Morante e del suo indiscutibile magistero, possibile che non siano esistite altrettanti scrittrici a Lei contemporanee, e a Loro contemporanee, il cui lavoro non era nemmeno valutabile tanto da non essere nemmeno inserite in un’antologia di letteratura che – se mi è concesso – tratta autori anche più sconosciuti? 

E seppure fossero state inserite, ammettiamo questa possibilità, ma non fossero state studiate? Perché? 

Le donne nella letteratura

C’è un fattore da considerare, che diventa un problema in circostanze come questa. Il canone è strettamente connesso alla questione di identità (anche nazionale, ma non solo), sistema nei confronti del quale le donne hanno attutato, più o meno consapevolmente, delle strategie di resistenza. 

È risaputo che al processo di individuazione ed affermazione di quei valori trasmessi attraverso i canoni via via formatisi e modificatesi nel corso della storia, le donne non hanno potuto prendere parte. Ma nonostante questa “emarginazione” quei valori, quei canoni, sono stati tuttavia interiorizzati. 

Voci e scritture di donne che, in quanto non “canoniche”, tendono ad essere rimosse dalla coscienza letteraria collettiva. 

Letture Coraggiose: alcuni nomi

Penso a Dacia Maraini; Sibilla Aleramo; Anna Maria Ortese; Alda Merini; Maria Luisa Spaziani; Amelia Rosselli; Antonia Pozzi; Lalla Romano, per rimanere solo nel periodo pre e post guerra. 

Per non parlare di quelle a noi storicamente più vicine: Oriana Fallaci; Simonetta Agnello-Hornby, Sveva Casati Modigliani; Annie Ernaux; Rupi Kaur.

Letture coraggiose
Letture Coraggiose
photocredits:googleimages

Dimenticate perché relegate a ruoli minori nel grande meccanismo editoriale, quasi come “magnifiche comprimarie”. 

Ovviamente per molti questo non sarà una novità: l’assenza (intesa anche come presenza minore) delle donne dalla letteratura, dai premi letterari, dalle fiere del libro è fatto risaputo. Ma è un fatto, è teoria e perché diventi pratica c’è bisogno di molto di più. 

Quel di più, nel nostro piccolo, vogliamo provarlo a fare anche noi affinché un fatto relegato alle riviste letterarie e ai blog diventi politico così da poter cambiare le cose.  Il gesto sovversivo che noi avevamo in mente non è altro che la semplice lettura come fondamentale strategia di resistenza ai meccanismi di dominio simbolico e discorsivo. 

Ciò che ci proponiamo, e che vi proponiamo, è la lettura di autrici più o meno conosciute, più o meno dimenticate (anche io faccio mea culpa perché faccio parte di quella schiera di donne che ha subito e interiorizzato il canone maschile scelto da maschi). 

Riscopriamo il dimenticato e attribuiamo valore “all’esperienza della separatezza”, come è stata definita dalla filosofa Adriana Cavarero, facendone il punto di partenza per la definizione di nuove forme di soggettività: una nuova maniera di essere nel mondo. 

Letture Coraggiose, il progetto

Non ci proponiamo certo di creare un anti-canone o un canone alternativo ma di suggerire alle orecchie sensibili al cambiamento un ampliamento delle vecchie conoscenze. Un canone che possa rappresentare davvero un’identità nazionale e non, che possa rappresentare i mutamenti sociali e culturali ed essere identificativo non solo per i major ma anche per chi è inglobato ( a torto) nel termine minoranze: etniche, religiose, di genere. 

E magari contraddire chi crede fermamente – altrimenti non lo dichiarerebbe pubblicamente – che scrittrici contemporanee non ce ne sono ( scansando la pace di un paio di nomi che hanno avuto l’onore di entrare nella sua libreria).

Ma, di nuovo la già nota litania: non perché non esistano, ma perché non abbastanza meritevoli di entrare a far parte della cerchia di quelli che contano.

Questo per due motivi: c’è chi esclude la letteratura femminile appiattendola al solo genere del romanzo rosa: un prodotto delle donne e per le donne. Oppure per una presunta indifferenza per il “genere”: non importa, quindi, che a scrivere sia una donna o un uomo.

Ma se fosse davvero così, perché le donne pubblicate sono così poche?

Scrittrici contemporanee che hanno fatto la differenza attuando cambiamenti culturali, nella letteratura con stile e linguaggi unici, ci sono. Scrittrici che hanno reso le loro storie universali, valide non solo per le donne, esistono.

Vogliamo che siano i libri a parlare per loro, a riscattarle da una storia che troppo spesso le ha relegate nell’ombra. Smantelliamo il pregiudizio di scrittrici che parlano solo a lettori dello stesso stesso.

Senza lasciare che qualcosa le determini e che ci determini facendo il lavoro al posto nostro. Facciamolo noi per noi stesse. 

BE A GOOD GIRL
BE A BRAVE GIRL

Articolo di: Claudia Cangianiello
Editor: Maria Paola Pizzonia (Rae Mary)

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