Sessismo nelle scuole che si ripercuote inesorabilmente in sessismo e stereotipi di genere nella società. L’episodio di cronaca ha visto coinvolta una mamma e il colosso commerciale Upim. Mostra come il marketing nel 2021 risenta, ancora, degli stereotipi di genere. Righello per lui e rossetto per lei come a canonizzare il fatto che un uomo pensi alla geometria e una donna al trucco.
L’episodio di cronaca
La catena italiana Upim si è dovuta scontrare con le legittime accuse di sessismo da parte di una mamma che, recatasi in un punto vendita, ha scoperto che non esistono grembiuli privi di segni distintivi o uguali sia per maschi che per femmine ma che, a seconda del genere, sono contrassegnati da loghi che rimandano a stereotipi ormai largamente superati. La donna ha espresso il suo dissenso su Facebook con un post divenuto ben presto virale e condiviso da moltissimi genitori. A parere unanime quello di Upim è stato un grande scivolone, che non può essere sottaciuto ma necessita doverose scuse.
Il post della mamma contro il sessismo mostrato da Upim
Nello specifico la mamma in questione ha condannato il sessismo di Upim con parole chiare e specifiche scrivendo:
“Cara Upim ma davvero ritenete adeguato che bambine di otto anni debbano andare a scuola con un distintivo al petto di rossetto e labbra dischiuse carnose e sensuali? Qual è il vostro messaggio? “Molla questa noia e dedicati a ciò che fa per te: il Makeup? A peggiorare l’effetto, nell’apposito separato contenitore dei grembiuli per maschi c’era il grembiule con la squadretta e il righello: lui ingegnere, lei bella donna. Ho cercato un grembiule simile per le bambine e ho trovato solo cuoricini, fiorellini e strass. Che avvilimento, che rabbia”.
La risposta di Upim è consistita nel ritiro dal mercato di tutta la collezione di grembiuli tacciati di sessismo e che inducono ad un’illegittima quanto anacronistica disparità delle ambizioni maschili da quelle femminili.
Il sessismo nelle scuole
L’episodio raccontato ci fa da apripista ad una più ampia riflessione relativa al sessismo nelle scuole, si ricordi il relativamente recente episodio al Liceo Socrate di Roma in cui era fatto divieto alle adolescenti di utilizzare la minigonna perché ai professori “cade l’occhio”. Nell’episodio ciò che lascia attoniti è il fatto che il vero problema fosse individuato nella minigonna e non nei professori maschi che guardano le gambe a ragazzine adolescenti. Si rinviene sessismo, poi, anche all’interno dei libri scolastici e nella stessa lingua italiana. Dall’uso del maschile con funzione ambivalente laddove si parli di uomini o cittadini includendovi anche le donne, oppure nell’enucleazione delle cariche professionali declinate sempre al maschile.
Il ruolo che dovrebbe avere la scuola
In un quadro siffatto, composto soprattutto di ombre e poche luci, emerge come la scuola dovrebbe incoraggiare a superare gli stereotipi di genere. Del resto non c’è nulla di male se a una bambina piacciono le macchinine e a un maschietto le barbie. La scuola, e ancor prima i genitori, dovrebbe lasciare liberi i piccoli di mostrare ed esprimere le loro personalità senza soffocarli. Spetta, poi, alle scuole il compito di formare culturalmente i bambini, il futuro di un paese che ancora oggi risente della netta distinzione tra il rosa e l’azzurro.
Del resto è tristemente nota la statistica italiana: le bambine sono più brave a scuola dei loro compagni maschi, le donne conseguono prima dei loro colleghi maschi i traguardi universitari, le donne vengono pagate meno degli uomini nel mondo del lavoro a parità di mansioni e, ancora oggi, ai vertici aziendali e politici troviamo una netta minoranza di donne rispetto agli uomini. E’ compito della scuola, intesa come luogo di formazione, sovvertire uno status quo che non rende realmente paritarie le possibilità di affermarsi a uomini e donne e che sia votato alla meritocrazia indipendentemente dal genere.
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