Risulta essere un vero banco di prova, per un articolista, riassumere in un articolo la persolità umana e artistica di un esponente della musica contemporanea italiana. Abbiamo ancora bisogno di Fabrizio De André.
Un uomo complesso e delicato allo stesso tempo, un poeta pronto a sottolineare gli aspetti più semplici, irregolari e magici nelle sue poesie rivolte verso gli ultimi, i rinnegati, padroni e servi. Risulta sempre abbastanza incompleto ogni ricordo su Fabrizio De André, padre della canzone italiana, quando sei un semplice articolista e devi rispettare i limiti che la stesura di un articolo on-line ti impone. Rimane però la traccia, il contributo, dell”immensa biblioteca culturale che Fabrizio De André ha lasciato in eredità.
De Andrè: L’artista e la sua traccia nei nostri giorni
Mi chiedo, semmai, se il tempo ci abbia trovato presenti all’appuntamento di rendere concreti gli insegnamenti che la sua esperienza musicale ci ha suggerito nel corso della sua carriera. Mi sa di no: oltre alle taglienti, dolci, carezze invettive delle sue canzoni, ci ha donato un modo di pensare la musica, di come scrivere una canzone.
E non per soddisfare l’appetito insaziabile del sistema consumistico delle multinazionali discografiche. Ma per donare valore culturale al veicolo artistico, in questo caso la canzone, organizzarlo in un linguaggio aulico e dantesco. De André parla dei sentimenti della gente, descrive la gente per la gente, parla della società da un punto di vista differente. Raccontare della realtà, spesso cruda e negativa, nella quale il mondo si è adagiato. Ma, non essendo De André un apocalittico, l’artista ci smuove qualcosa nel profondo delle nostre coscienze: è la speranza di una futura gloria nel regno degli uomini. Fabrizio De André, lo stesso uomo che non aveva paura di parlare della morte, sapeva dare una seconda possibilità ai suoi personaggi. Una rivalsa, una nuova vita.
E questo ci insegna a vedere lo stato delle cose intorno a noi con uno sguardo non pregiudizievole, ma misericordioso. La guerra della vita affrontata con la pace nel cuore. Oggi Fabrizio De André avrebbe 81 anni, sarebbe stato un faro per i suoi successori di oggi e per chi ha intrapreso la carriera da cantautore e cantante. Non a caso, è ancora una figura imitata e seguita da molti giovani, riconoscendo in lui una strada da intraprendere. Questo fa comunque piacere, perchè sappiamo quanta importanza ha raccontare ai propri figli chi era e cosa scrivesse Fabrizio De André. Ci auguriamo, piuttosto, che tutto questo sforzo di propagare la sua traccia anche in futuro, non si arresti irrimediabilmente.
Renzo Arbore parla della morte di Fabrizio De Andrè
Pericolo che tutti noi avvertiamo non appena nel mondo della canzone attuale si preferiscono le fruizioni distratte, le canzoni scritte per accontentare quel famoso appetito insaziabile di cui abbiamo parlato sopra. Insomma, quando la musica si concede svergognatamente alle logiche del mercato musicale. Quando le piattaforme di oggi ospitano al loro interno prodotti preconfezionati e veloci da consumare. Musica fast food, a scadenza breve.
Uno “spartiacque fondamentale” nella musica italiana: così Renzo Arbore definisce Fabrizio De André, “il primo” spiega “a coniugare felicemente la semplicità della musica popolare con la raffinatezza dei testi“. Il merito di De André, secondo Arbore, è stato quello “di rivolgersi senza mediazioni ma anche senza compromessi a un pubblico in grado di apprezzarlo“. Sono le parole di Renzo Arbore a chiudere questo piccolo ricordo di Fabrizio De Andrè: “Questa caratteristica ne ha fatto il padre di molti epigoni che invece ai compromessi si sono poi piegati . Diversa, per Arbore, la seconda fase musicale di De André, quella che comincia con Crêuza de Mä: “Lì ha mescolato i generi attingendo alle radici folk della musica della sua terra. E’ stata un’ulteriore lezione del grande cantautore, uno dei pochi per cui valga davvero la pena di spendere la parola poeta“.
Articolo a cura di Gianrenzo Orbassano
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