L’amore fra registi e attrici è stato, ed è ancora un cliché? Forse sì, ma a volte favoloso. Come quello fra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini. Le malelingue possono anche aver insinuato, soprattutto in tempi meno diplomatici, che il connubio sia comodo per entrambe le figure professionali, con il regista che si assicura un’interprete a condizioni agevolate e sempre disponibile, e l’attrice che si assicura un ruolo dopo l’altro come se timbrasse il cartellino. Magari per qualcuno sarà stato pure vero, ma tutto questo leviamocelo dalla mente e non consideriamolo valido per la coppia Bergman Rossellini. Nessuno dei due aveva bisogno di questi espedienti, troppo famosi, troppo amati, troppo carichi di talento. Ben altre affinità li hanno legati, dando vita a una delle storie d’amore più romanzabili della storia del cinema.

Ingrid Bergman era nata a Stoccolma il 29 agosto 1915, e Hollywood la considerava la sua ragazza acqua e sapone. A differenza delle altre colleghe straniere, la tedesca Marlene Dietrich e la sua connazionale svedese Greta Garbo, era riuscita a non subire le trasformazioni fisiche e di look imposte dagli studios in tempi in cui, dopo le sperimentazioni della Prima Guerra Mondiale sui soldati feriti, la chirurgia estetica diventava uno dei modi per migliorare i connotati delle star da lanciare. Ingrid aveva sentito l’impulso alla recitazione sin da bambina. Ma quello che proprio non avrebbe mai avuto era la mentalità provinciale. Per cui si guardava sempre intorno in cerca di nuovi orizzonti professionali e questo la portava in giro per il mondo per film in situazioni e culture diverse, come se volesse arricchire costantemente il suo bagaglio di esperienze.

 Ha una breve relazione con il fotografo Robert Capa, ma, si vociferava, anche con due dei suoi amici, gli scrittori John Steinbeck e Ernest Hemingway. La sua immagine è molto eterea e casta, ma in realtà ama molto il sesso e gli uomini e intrattiene relazioni con chi le piace, si comporta come se fosse un uomo e se ne infischia di cosa pensano gli altri. Si dice che ne abbia avuta una con il produttore David O Selznick, che abbia preso una cotta clamorosa per Victor Fleming, il regista di Dottor Jackyll e Mr. Hyde, ignorando la corte di Spencer Tracy, è stata l’amante di Simon Bolivar Buckner, Jr. il famoso generale che durante la Seconda Guerra Mondiale ha condotto le truppe statunitensi nella sanguinosa battaglia di Okinawa, dove perse la vita, e Gregory Peck ha confessato di essere rimasto anche lui ammaliato dalla collega svedese. Per dirla tutta, quando scrisse una lettera a Roberto Rossellini per congratularsi dei suoi film, l’immagine di Ingrid Bergman era pura come un fiocco di neve per il pubblico. Ma per lo showbiz puritano era una mangiauomini.

Ingrid scrisse la lettera a Rossellini perché Robert Capa, durante la loro relazione l’aveva introdotta alla visione del cinema neorealista italiano. L’attrice svedese era rimasta folgorata da Roma città aperta, e spinta dalla sua voglia di sperimentazione continua, si mise a disposizione del regista, nel caso avesse voluto scritturarla. Rossellini, romano, classe 1906, era figlio di un impresario edile che aveva costruito il Barberini, la prima sala cinematografica di Roma. Per questo, il piccolo Roberto aveva una tessera d’ingresso illimitata per vedere tutti i film che voleva. Una passione che coltivò fino a diventare montatore e poi regista dei primi lavori. Durante la guerra frequenta l’Osteria Fratelli Menghi, ritrovo degli artisti e degli aspiranti cineasti romani, dove passa le serate con Federico Fellini, Aldo Fabrizi, e molti altri. Finita la guerra, considerato un raccomandato del regime durante il ventennio, inizia invece a raccontare gli orrori della guerra con film come Roma città aperta, girato con un budget bassissimo fra le macerie dei bombardamenti, e con Anna Magnani come protagonista, la sua compagna. All’inizio è un flop, ma quando viene osannato in Francia e negli Stati Uniti, torna nei cinema anche da noi e diventa un cult, dando seguito alla trilogia che comprende Paisà, e Germania Anno Zero, quasi solo con attori non professionisti. Il Neorealismo, insomma.