Lucha y Siesta è un centro antiviolenza e una casa rifugio dal valore inestimabile. Tuttavia non sempre tale importanza viene riconosciuta. Pochi giorni fa infatti un gruppo di agenti del Commissariato Tuscolano è entrato, senza preavviso, nelle stanze della Casa delle Donne Lucha y Siesta, identificando le donne ospiti e i minori, senza dare spiegazioni.

Il supporto per Lucha y Siesta- Photo credits: web

A dare comunicazione di quanto avvenuto sono state le stesse attiviste di Lucha y Siesta, mediante un comunicato. Approfittando del fatto che il figlio di una donna ospite stava andando a scuola, un gruppo di agenti è entrato nella casa. Una volta entrati sono saliti nelle stanze, pretendendo di identificare le donne che vivono nel centro e i loro figli minori. La consigliera regionale Marta Bonafoni ha definito “sconcertante, allucinante, incomprensibile” l’irruzione dei poliziotti nella Casa delle Donne. L’assessora alle Politiche di Genere, Bilancio e Dialogo tra le generazioni del Municipio Roma VIII, Michela Cicculli, ha affermato ai microfoni dell’agenzia Dire che “permettere fatti come questi cancella tutte le belle parole dette il 25 novembre”.

Il motivo dell’intrusione

Gli agenti hanno sostenuto che questa identificazione “è stata richiesta dal magistrato”. Tuttavia non si comprende né quale procedimento penale sia in atto, né tantomeno quali siano i fini auspicati. Bisogna inoltre ricordare che le identità delle donne presenti nella Casa sono ben note, anche alla magistratura. Si tratta infatti di donne che hanno presentato denunce di violenza, sono seguite da servizi sociali, e che hanno fatto un percorso di ascolto, di screening sanitario regionale. In molti casi sono seguite in collaborazione con altre associazioni che si occupano di contrasto alla violenza di genere, e che hanno trovato e trovano in Lucha una risorsa preziosa. Inoltre pochi giorni fa, alla fine del 2020, la regione Lazio ha dichiarato pubblicamente di aver stanziato dei fondi per procedere all’acquisto dell’immobile.

La difesa di Lucha y Siesta-Photo credits: Roma Daily News

La risposta di Lucha y Siesta

Le attiviste di Lucha y Siesta hanno denunciato quanto accaduto chiedendo a tutte le istituzioni di intervenire. Tuttavia dal Comune non è stata proferita parola. Soltanto la Regione ha trasmesso alcuni comunicati in cui affermava di non capire cosa stesse succedendo. “Pretendiamo risposte alle nostre domande. Lo faremo in tutte le sedi possibili. L’intimidazione, se questo fosse stato l’obiettivo, non ci ha mai spaventate. La città reale è con noi, ma evidentemente una politica vuota e disumana non sa guardarsi intorno”, affermano nel comunicato.

Il lato sinistro della vicenda

Federica Brancaccio, avvocata penalista della Casa delle Donne, si è soffermata sull’atipicità dell’azione. Ha infatti sottolineato che, nel momento in cui deve essere effettuata un’identificazione o la nomina di un difensore, non si può entrare all’interno di un luogo dove si dorme o vive. Bisogna infatti convocare la persona, attenderla all’uscita, e successivamente le si chiedono le generalità. Nel momento in cui questa persona non fornisce o non ha i documenti, può essere accompagnata per essere identificata in un altro luogo. “Ma non si entra, non si arriva in una camera da letto, anche perché non mi risulta sia stato emesso un decreto di perquisizione”, conclude la Brancaccio.

È un discorso generale che assume uno spessore particolare in questa precisa situazione. Si parla infatti di donne che hanno subito violenza e che hanno trovato nella Casa un luogo sicuro, un rifugio nel quale si sentono protette. Non è moralmente corretto condannarle ad un’ulteriore mancanza di rispetto, facendole sentire nuovamente vulnerabili, spaventate e indifese.

Lucha y Siesta- Photo credits: Bossy

La storia di Lucha y Siesta

La Casa delle Donne Lucha y Siesta a Roma esiste da 13 anni in uno stabile dell’ATAC. È un bene prezioso per la città, a cui ogni giorno le istituzioni stesse si rivolgono. Un edificio e un giardino, che erano abbandonati, sono stati trasformati dando vita alla Casa delle donne: centro antiviolenza, casa rifugio e casa di semi-autonomia, un vero bene comune. L’ATAC, per ripianare i propri debiti, ha previsto di vendere l’immobile. Ha pensato di poter cancellare la Casa che fornisce 14 dei 25 posti letto per donne che fuoriescono da situazioni di violenza. L’Expert Meeting sulla violenza contro le donne dell’Unione Europea, ratificato dall’Italia nel 2013, e necessari per attuare la Convenzione di Istanbul, ne prevede 300. Oggi il centro ospita donne che hanno avuto urgenza di fuggire da situazioni personali problematiche e si occupa di dar loro tutto il sostegno e l’assistenza di cui necessitano.

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