Oltre “60mila rider” di società di food delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come “lavoratori coordinati e continuativi”. Passare cioè da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati.
Il procuratore capo Francesco Greco afferma: “la schiavitù deve finire”.
Diritti dei rider
Secondo i pm è escluso in maniera tassativa che i ciclofattorini siano davvero lavoratori autonomi. Non sono liberi di scegliere se e quando dare la propria disponibilità alle piattaforme. Così ora Uber Eats, Foodinho (che in Italia distribuisce per conto di Glovo), JustEat e Deliveroo hanno 90 giorni di tempo per inquadrare gli attuali collaboratori occasionali come cococo. Con le relative coperture previdenziali, la malattia, le ferie, i congedi, l’indennità di malattia, la disoccupazione e il Tfr.
Nemmeno la scelta degli orari di fatto è libera, visto che il meccanismo del “ranking” assegnato a ogni rider penalizza chi prende dei giorni liberi, si ammala o sceglie orari poco interessanti per le aziende, facendolo scendere in fondo alla classifica. Con il rischio di perdere il lavoro. Lo stesso accade a chi è troppo lento o non accetta tutti gli ordini.
Si fonda su una pressione continua sul lavoratore, il quale non può sottrarsi per evitare di essere retrocesso o addirittura espulso dal sistema e quindi di non poter più lavorare. Non sussiste affatto, almeno per i 60mila le cui storie sono state verificate nell’ambito dell’indagine, la presunta autonomia che è da sempre il mantra delle piattaforme.
Il cottimo non sarà più un’opzione: le piattaforme hanno tre mesi per adeguarsi alle prescrizioni che sono state impartite, altrimenti partiranno i decreti ingiuntivi.