L’Arkansas ha approvato il provvedimento più restrittivo degli Stati Uniti, quello che vieta totalmente l’interruzione di gravidanza, e che prevede, per chi viola la legge, il rischio di 10 anni di carcere e 100 mila dollari di multa. Così, a soli due giorni dalla celebrazione del Women’s day, arriva la notizia – l’ennesima – che vede le donne costrette a rinunciare ad un diritto imprescindibile: quello di scegliere per la propria vita. Ma attenzione: l’aborto può dirsi possibile – nonché necessario – nei casi in cui si deve “salvare la vita della madre incinta in emergenza medica”. La stessa vita che non gli importa di rovinare, in tutte le altre ipotesi. Perché se rimani incinta dopo uno stupro, o per incesto, o se il feto presenta delle anomalie, il bambino te lo tieni. Volente o nolente.
Il governatore, Asa Hutchinsos, ha dichiarato di aver firmato la legge – “Per il suo schiacciante sostegno legislativo e le mie sincere convinzioni pro vita“ – di cui si prevede l’entrata in vigore a partire dalla prossima estate. Un gesto “crudele e incostituzionale” – come dichiarato dall’associazione per i diritti civili ACLU in Arkansas – che intende ribaltare la giurisprudenza della Corte Suprema, grazie a quella maggioranza conservatrice che l’elezione di tre giudici da parte di Donald Trump ha reso possibile. Riuscendo – magari – a minare quella storica sentenza Roe vs Wade del 1973 che legalizzò l’aborto negli Stati Uniti, e che costituisce il fondamento stesso di quel diritto.
Ci aveva provato già il governatore della South Carolina, il repubblicano Henry McMaster, firmando un’altra legge restrittiva – il 18 febbraio scorso – che vieta l’interruzione di gravidanza dopo 6 settimane di gestazione: il periodo in cui, generalmente, si rileva il primo battito cardiaco del feto. E – peccato! – anche quello in cui molte donne non sanno ancora di essere incinte. Ma cosa importa se, di base, il diritto di autodeterminazione del proprio corpo viene gettato nell’oblio? Più che di battaglia ‘delle’ donne si dovrebbe parlare, ormai, di battaglia contro le donne. Quella che anche in Texas sta prendendo vita, in seguito alla proposta di legge presentata da un parlamentare repubblicano, che consentirebbe di condannare a morte le donne che ricorrono all’aborto. Scioccante, sì, se solo potessimo stupirci del fatto che le donne non vengano condannate alla morte comunque. Quella mentale.
Francesca Perrotta