Sono destinate ad avere una lunga eco le parole del Presidente Draghi, pronunciate giovedì sera in conferenza stampa. Nel tentativo di giustificare i ritardi del piano vaccinale il premier è scivolato su una buccia di banana, prendendosela con i giovani psicologi, rei, a suo giudizio, di aver saltato la fila, dimostrando scarso senso civico e rispetto nei confronti degli anziani più fragili di fronte al virus.
Mario Draghi, scagliandosi contro i “furbetti del vaccino”, ovvero coloro che pur non rientrando in una categoria vulnerabile hanno ricevuto il siero prima di quanti necessitano di immunizzazione prioritaria, ha detto: “Con che coscienza la gente salta la lista sapendo che lascia esposto a rischio concreto di morte persone over 75 o persone fragili?”. Ha, poi, continuato rivolgendosi direttamente agli psicologi: “Smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi, gli psicologi di 35 anni, queste platee di operatori sanitari che si allargano”.
Il paradosso della vicenda
Il rimbrotto ha scatenato le ire della categoria, i cui membri hanno deciso di vaccinarsi proprio in ossequio a quanto stabilito da un recente decreto del governo Draghi in cui si stabiliva l’obbligo di vaccinazione per tutti gli operatori sanitari. Ed è qui il paradosso della vicenda. Con la legge Lorenzin (legge n.3 del 2018, ndr.), gli psicologi sono entrati a far parte della categoria degli operatori sanitari, in ragione del valore scientifico e clinico della loro professione. In soldoni, come un disagio fisico necessita della competenza e della professionalità di un medico e/o di un infermiere, ugualmente la salute mentale necessita di una figura professionale di riferimento: quella dello psicologo, appunto. Quando lo scorso 1 aprile, il premier ha obbligato alla vaccinazione tutti gli operatori sanitari, vi ha incluso, forse a propria insaputa, anche gli psicologi, facenti parte della categoria a tutti gli effetti. Quanti si sono vaccinati hanno risposto positivamente a una direttiva proveniente dal governo stesso, a cui hanno aderito proprio per senso civico e per rispetto nei confronti dei pazienti, diversamente da quanto sostenuto invece dal premier.
La risposta
Ad oggi, quindi, le parole della conferenza stampa sembrano pretestuose e inopportune, tanto da scatenare la risposta autorevole del presidente dell’Ordine, David Lazzari che si è poi espresso in un lungo post su Facebook, rivolgendosi direttamente al Premier: “Nessuno di noi ha chiesto di avere priorità, è stato il Governo a decidere le priorità vaccinali, ed in queste sono state incluse tutte le professioni sanitarie. Perché addirittura l’ultimo Decreto trasforma la facoltà in obbligo, esteso a tutti gli iscritti agli Ordini sanitari. Perché queste priorità e questi obblighi non sono determinati dal fine di proteggere i sanitari ma le persone, bambini e adulti, da loro seguiti“.
Ha proseguito: “Non ci sono solo gli Psicologi del SSN, ma ci sono le migliaia di psicologhe e psicologi che lavorano nella scuola per sostenere il disagio determinato da un anno di scuole chiuse; ci sono, signor Presidente, le migliaia di di psicologhe e psicologi che lavorano con soggetti fragili, bambini diversamente abili, con problemi di sviluppo e con le loro famiglie; ci sono, signor Presidente, le migliaia di psicologhe e psicologi che lavorano con gli anziani, RSA, malati oncologici, persone con patologie croniche, nel fine vita; ci sono, signor Presidente, le migliaia di psicologhe e psicologi che sono a fianco delle tante, troppe persone, che non ricevendo risposte dal pubblico per la mancanza scandalosa di psicologi, si rivolgono al privato. Come li vogliamo considerare, signor Presidente, queste decine di migliaia di professionisti della salute psicologica? Ma soprattutto, come vogliamo considerare i bambini, i giovani, le donne, gli uomini, gli anziani, che stanno aiutando e che non sono vaccinati o non possono esserlo? Persone che non meritano nessuna protezione? Le persone che in Italia, ogni giorno, hanno bisogno di un aiuto psicologico sono un popolo.”
Le parole di Lazzari non mettono soltanto in luce il paradosso, ma sottilmente tendono anche a mostrare come i troppi pregiudizi antichi che ingombrano e oscurano la figura del “professionista della mente” si riproducano sulla realtà concreta creando inutili distingui tra operatori sanitari di serie A e di serie B. Pregiudizi che infliggono una ferita all’intero sistema, rischiando di mettere a repentaglio la salute di quelli che si vorrebbe e dovrebbe proteggere: i più fragili.
Giulia Moretti