Madeleine de Proust un modo di dire tipicamente francese diventato una vera propria metafora che designa una situazione quotidiana qualsiasi; che sia un oggetto, un profumo o un sapore in grado di evocare un ricordo passato. Nel nuovo appuntamento della rubrica Parole dal Mondo, di seguito, l’espressione diventata celebre grazie al romanzo Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust.

Madeleine de Proust, la potenza della memoria involontaria

Madeleine de Proust – Photo Credits: socialup.it

Basta poco per rievocare un ricordo: è questo che l’espressione Madeleine de Proust rappresenta. Basta un flebile alito di vento odoroso, o il sapore di un vecchio dolce che si gustava da bambini. Il tempo della memoria non è mai perduto, solo celato: il ricordo, una volta formato, si fissa cristallizzandosi in un luogo inconscio e, apparentemente, inaccessibile per poi rivelarsi nella sua potenza al minimo richiamo familiare. La memoria involontaria creduta ormai naufragata emerge con il passato; all’improvviso, quello stimolo riaffiora solleticando la coscienza e, con essa, le emozioni. Successivamente, la consapevolezza: il passato, adesso, è diventato presente eludendo il tempo. Alla ricerca del tempo perduto è l’opera più importante di Proust, considerata fra le più importanti del Novecento. L’espressione Madeleine de Proust deriva proprio dal libro in questione, pubblicato in sette volumi fra il 1913 e il 1927.

Storia di un dolce friabile divenuto allegoria del tempo e del ricordo

Le madeleine sono tipici dolcetti francesi molto friabili e soffici, la cui caratteristica principale è la forma a conchiglia. Questi dolciumi introducono il tema della memoria involontaria ne Alla ricerca del tempo perduto , in una situazione del tutto quotidiana e imprevista. Il narratore assaggia una madeleine ricordando, improvvisamente, quando le gustava da bambino, ogni domenica, preparate dalla zia Léonie. In seguito, la Metafora delle Madeleine si è associata nel tempo alla memoria involontaria, diventando fra le più note della letteratura del Novecento.

”Al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”. E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me”.

Questo passo è tratto da La via di Swann, pubblicato nel 1913, e fa parte del lavoro  À la recherche du temps perdu – Alla ricerca del tempo perduto. Il sapore della Madeleine a cui Proust fa riferimento lascia il narratore sopraffatto dall’emozione; improvvisamente, quella sensazione antica e già sperimentata torna nitida, ricordando un momento dell’ infanzia in cui pregustava la stessa merenda. Ne tempo, l’espressione Madeleine de Proust raggiunse un’enorme popolarità, tanto che alcuni neuroscienziati associarono questa espressione alla spiegazione delle memorie involontarie mentre, i filosofi, designarono Proust fra i principali pensatori riguardo al tempo e alla memoria.

Stella Grillo

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