Il Gus, Gruppo Umana solidarietà, è fortemente convinto che l’integrazione passi attraverso il lavoro. I migranti divengono, così, artigiani. Come per magia le culture si fondono, gli intrecci tra le stoffe raccontano di mondi e profumi lontani contaminati dall’antica sapienza marchigiana, sarda e pugliese. Si riscopre, soprattutto, il lavoro come la più preziosa forma di riscatto sociale.

Atelier Indipendenza, il progetto del Gus

Sandali e zaini realizzati con materiali di scarto, nelle Marche. Porta-telefonini e stuoie in tessuto biodegradabile ottenuto dai sacchetti per la raccolta differenziata, in Puglia. Borse in lana d’orbace senza utilizzo di sostanze chimiche, in Sardegna. Sono questi i prodotti realizzati e declinati nel rispetto del nostro pianeta e dell’ambiente che ci circonda. Il Progetto Atelier Indipendenza: laboratorio del fare, diretto all’indipendenza socio-economica dei titolari di protezione internazionale” finanziato dal Fami, Fondo Asilo, migrazione e integrazione del Ministero dell’interno, coordinato dal Gus, Gruppo Umana solidarietà, promuove l’educazione al lavoro e l’imprenditorialità di comunità come strumento per creare nuove “cellule” inclusive a livello locale, regionale, nazionale.

Il progetto ha coinvolto tra Marche, Puglia e Sardegna, un gruppo di giovani tra i 20 e i 30 anni, provenienti prevalentemente dal Nord Africa, che ha “scoperto” grazie ad attenti formatori e insegnanti di quei territori l’artigianato come professione identitaria comune a più culture, che tutela e protegge l’ambiente.

Il progetto Atelier del Gus in Sardegna- Photo Credit: www.gus-italia.org

L’iniziativa del Gus vista da vicino

A Capoterra, in particolare, sono state realizzate stuoie, che rispettano i granelli di sabbia delle spiagge non catturandone nessuno. Sono state create tovagliette da pic-nic e zaini in orbace, robusti e leggeri allo stesso tempo. Il tutto in un’ottica di sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Il ciclo di produzione – dall’allevamento delle pecore alla realizzazione al telaio – avviene, peraltro, totalmente in loco senza sfruttamento della manodopera e senza utilizzo di sostanze chimiche, neppure per la colorazione.

A Sassari, da scampoli e bottoni dismessi nascono prodotti di sartoria. I filati di origine naturale, quali la juta e la canapa, si intrecciano con l’antica arte della tessitura manuale. Si tratta di fibre totalmente green prodotte in piantagioni senza pesticidi che richiedono pochissima acqua e terra. Ed è così che nei prodotti ritroviamo la completa fusione tra la cultura sarda e quella africana. Il “grezzo” è realizzato con l’antico telaio a cornice sardo, riproponendo nella lavorazione i motivi tipici del territorio, con l’unione di stoffe con stampe che richiamano l’Africa.

A Lecce sono nati abiti in tessuto sperimentale biodegradabile mentre a Macerata hanno preso vita borselli, zainetti, tappetini da preghiera, borsoni da viaggio con tracolla tessuto con il telaio antico, quaderni per appunti, tutti realizzati con tessuto riciclato, cioè ricavato da lenzuola, tovaglie, maglie e camice tagliuzzate. Ad Urbisaglia allo scarto di merce firmata utilizzata per le calzature e per le borse più raffinate del made in Italy sono realizzati i “sandali on the road”.

I risvolti etici del progetto del Gus

Il migrante all’interno del progetto si realizza, non è un soggetto svincolato dalla comunità che lo ospita ma ne diviene parte attiva. Nelle sue mani è riposta la rinascita di materiali ecosostenibili, e grazie al suo lavoro pone un tassello per il raggiungimento di un’esistenza libera e dignitosa. Non da ultimo ad ogni manufatto realizzato all’interno del progetto del Gus è apposto il “Bollino etico sociale”, simbolo dell’impatto sociale positivo oltre che strumento per promuovere le competenze e la storia dell’organizzazione.

Il progetto Atelier nasce, quindi, all’interno delle comunità che ospitano i migranti. Troverà nuove coniugazioni andando ad intrecciarsi con altri progetti dell’organizzazione. Tra questi la Torri in Campo per la rinascita della masseria confiscata alla mafia a Torre Santa Susanna. L’esperienza del Progetto Atelier troverà, così, nuove dimensioni e nuovi sbocchi nel recupero di antichi mestieri.

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