Dopo aver preso Kabul, i talebani sono andati in televisione a promettere che non ci sarebbero state ritorsioni contro chi ha lavorato per gli occidentali. Hanno postato sui canali social della loro propaganda le foto di ragazze che vanno a scuola, e assicurato che rispetteranno i diritti delle donne, ma «dentro il quadro della sharia». Sono ultraconservatori sunniti, ma in questi giorni hanno permesso agli sciiti di celebrare la festa dell’Ashura. La realtà sul terreno però è molto diversa. Sono giorni di terrore per tanti a Kabul, una paura destinata a crescere man mano che si abbasserà l’attenzione della comunità internazionale sull’Afghanistan.
Gruppi di talebani entrano nelle case di notte in cerca dei “collaborazionisti”: cooperanti, traduttori, interpreti, tutti quelli che hanno lavorato con gli occidentali, «in particolare con Ghani (l’ex presidente fuggito negli Emirati, ndr) o hanno foto con lui o hanno collaborato per ong che si basano su valori diversi da quelli talebani», ci racconta la direttrice di una organizzazione non governativa ancora attiva a Kabul, di cui non scriveremo il nome per ragioni di sicurezza. Qualche sera fa, «sono andati a trovare i familiari di una donna che conosco, una persona molto esposta: non c’erano i suoi genitori, hanno rintracciato gli zii e le zie per chiedere dove fosse». Molte donne si nascondono o non escono di casa. Minacce, intimidazioni, ma anche violenza cruda. Un ragazzo accusato di indossare pantaloni troppo stretti è stato frustato, a una donna è toccata la stessa sorte per essere uscita di casa da sola. Un parente di un giornalista che lavora per Deutsche Welle è stato ucciso nell’Afghanistan occidentale: gli estremisti erano andati casa per casa alla ricerca del giovane, che ora lavora in Germania.
Le testimonianze raccolte a Kabul fanno a pugni con il volto morbido del potere duro che abbiamo visto in televisione. C’è una ragione: i talebani hanno bisogno di far funzionare il Paese e di non finire stritolati dalle sanzioni. Cercano il riconoscimento dei Paesi stranieri, soprattutto delle potenze regionali, della Cina, della Russia. L’altra ragione di questa esibita moderazione, ci spiegano da Kabul, è che non hanno ancora costruito le “istituzioni” dell’ Emirato, a partire dalla polizia religiosa che farà rispettare la loro interpretazione della sharia.
Col tempo, c’è il rischio di una caccia all’uomo capillare. I talebani hanno già le liste di oppositori, attivisti, cooperanti, i nomi di chi ha “servito” gli americani, i britannici, noi italiani perché quando l’ex presidente Ghani e l’élite al governo di Kabul sono scappati senza alcuna resistenza si sono impadroniti degli archivi dei ministeri, della presidenza, dei servizi segreti. Dal Ministero delle finanze per esempio passavano i fondi per le ong, lì c’erano le liste con i nomi di tutti quelli che lavorano con le organizzazioni non governative e che ora sono nel mirino. I miliziani hanno messo le mani sui database delle banche, sull’anagrafe. E hanno arsenali saccheggiati agli americani. Funzionari statunitensi sentiti dalla Reuters parlano di «almeno 2mila veicoli corazzati fabbricati negli Stati Uniti, tra 30 e 40 aerei e un numero imprecisato di armi leggere».