È stato sospeso il processo per la morte di Giulio Regeni. Dopo quasi sette ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d’assise del tribunale di Roma hanno accolto l’istanza di sospensione presentata dai legali dei quattro funzionari dell’intelligence egiziana accusati della morte del ricercatore friulano, sostenendo che manca la prova che confermi la notifica del processo.
Stamani nell’aula bunker di Rebibbia, nel quadrante orientale di Roma, non c’erano infatti i quattro 007 egiziani. I loro legali Paola Armellin, Filomena Pollastro, Tranquillino Sarno e Annalisa Ticconi, hanno argomentato che gli imputati erano da considerarsi “irreperibili” e non “assenti”, in quanto non hanno mai eletto domicilio. Una situazione che, così come prevede la legge, permette di sospendere un processo fintanto che non vi sia l’assoluta certezza che gli imputati siano stati informati del procedimento a loro carico.
Davanti ai giudici invece il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco aveva dichiarato che i quattro della National security agency sono “finti incosapevoli”, che da parte della Procura di Roma fosse stato fatto tutto il necessario per informare gli imputati e che la non elezione del domicilio sarebbe una “strategia per sfuggire al processo”.
Erano presenti in aula anche i genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi, con l’avvocata Alessandra Ballerini. La presidenza del Consiglio dei ministri, a poche ore dall’udienza e contro la richiesta della famiglia della vittima, si era presentato parte civile. Lo scorso maggio la Procura di Roma, dopo cinque anni di indagini, ha rinviato a giudizio quattro esponenti dei servizi segreti egiziani per aver presuntamente sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni, tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016. Il ricercatore dell’Università di Cambridge era in Egitto per compiere uno studio sui sindacati.