La corte di Assise d’Appello di Torino ha condannato in primo grado Said Mechaquat, il marocchino che uccise nel febbraio 2019 il 34enne Stefano Leo. Il delitto avvenne ai Murazzi a Torino. Said si era appostato per assalire il giovane, che intanto si stava recando sul posto di lavoro. Stefano lavorava come commesso presso un negozio di abbigliamento. La vittima fu uccisa con una coltellata alla gola. L’omicidio sarebbe avvenuto, a detta di Said, in quanto Stefano sembrava essere felice.
Stefano Leo: Mechaquet si costituì un mese dopo il delitto
Un mese dopo l’assassinio di Stefano Leo, Said Mechaquat si costituì ai carabinieri affermando, per “motivare” l’omicidio che voleva “farla pagare alla città di Torino. L’ho ucciso perché era giovane e felice. Volevo fare qualcosa di eclatante”. Motivazioni che furono definite “inaccettabili” dal papà di Stefano Leo. È stata la corte d’Assise di Torino a emettere il verdetto che condanna il marocchino a 30 anni di carcere in primo grado. Come informa FanPage, al fine di farsi riconoscere almeno un vizio di mente parziale, Said aveva chiesto che fosse effettuata almeno una nuova perizia psichiatrica.
Il rifiuto dei giudici
I giudici non hanno accettato la richiesta di Said Mechaquet, in quanto non ci sarebbe satta la necessità di procedere in tal modo nei confronti di Mechaquat. Giancarlo Avenati Bassi, procuratore generale, ha affermato che il marocchino ha agito alla strega di un “terrorista privato”. La mamma di Stefano Leo ha commentato la decisione da parte dei giudici con le sequenti dichiarazioni riportate da FanPage: “È la risposta alla domanda di giustizia che avevamo avanzato. Resta l’immenso dolore”.