Artista e scultore autodidatta, Fulvio Pinna, classe 1948, è l’unico artista italiano ad aver dipinto sul muro di Berlino. La sua è la storia di un talento che il pittore e scultore sardo sente ardere fin da piccolo; ispiratosi, da sempre, ai principi di uguaglianza e libertà Fulvio, con la sua arte, ha contribuito ad abbattere e sgretolare quel muro; simbolo di divisioni, scissioni e sofferenze per trent’anni.

Fulvio Pinna, l’arte che scorre nelle vene a discapito di tutto

Nato a Furtei nel 1948, in Sardegna, Fulvio Pinna già da bambino ha le idee chiare sulla strada da percorrere; creativo e con una propensione naturale verso l’arte e la pittura decide di intraprendere la carriera artistica. L’idea del giovane Fulvio Pinna è immediatamente stroncata dal padre dell’artista, il quale gli vieta di iscriversi in scuole di pittura o scultura; una decisione drastica e dolorosa presa solo per proteggere Fulvio. L’artista, in alcune interviste, ha infatti affermato che, il padre, voleva che Fulvio intraprendesse un mestiere più solido, che gli avrebbe assicurato un futuro. Dopo aver frequentato le magistrali ed essersi appassionato alla storia e alla filosofia, sopraggiunge il periodo della leva obbligatoria e, Fulvio Pinna, si trasferisce a Siena. Accantonata l’arte per un breve periodo, a 22 anni rientra in Sardegna; nel frattempo il giovane artista non ha mai abbandonato il suo sogno e, anzi, ha appreso in modo del tutto autonomo i metodi che lo portano a creare la propria arte soggettiva. Iscritto ai circoli culturali di Cagliari, lavora come supplente e assicuratore e, nel mentre, riesce anche a vendere qualche sua opera. Ma Fulvio Pinna è un artista che sente l’impellenza di circondarsi di arte. Decide di dare un taglio netto a quella vita e di seguire quella voce che, fin da bambino, non cessa di sussurrargli che l’arte è la sua unica strada. Fulvio, in una delle sue interviste, dichiara:

Non sono partito negli anni ’70 a Roma per motivi economici. Qui lavoravo bene, ero fidanzato con la ragazza più ricca del paese. Ma mio padre non accettò mai la mia carriera di artista. Eppure era quello il mio unico pensiero. […] Sono partito da qui perché mi mancava l’arte, e l’unico posto dove potevo vedere un dipinto era in Chiesa.

Le prime esposizioni, la fama e l’incontro con il Muro

Giunto a Roma inizia a fare dei lavoretti ma, nel mentre, prosegue con la diffusione della sua arte. Fulvio Pinna non demorde e riesce ad aprire il suo primo studio nel quartiere di San Lorenzo. Da lì in poi, si susseguono mostre a Firenze, Milano, Napoli. Nel 1976 ottiene il primo premio di pittura all’esposizione internazionale di giovani artisti al Palazzo delle Esposizioni. Nel 1977 è la volta del premio Perseo a Firenze, mentre nel 1978 del premio Sironi a Milano. Non solo: partecipa alla prima Mostra Antologica della galleria Boccioni di Brera e a Villa Adriana presso Tivoli. Successo, fama e soldi sopraggiungono come coronamento di una passione che Fulvio Pinna non ha mai tralasciato, seppur la quantità copiosa di ostacoli. Ormai è un artista affermato: compra un casolare di campagna alle porte di Roma e diventa sede del suo nuovo studio. Intanto, si interessa alle vicende che, in quegli anni, accadono a Berlino.

Ma non dà troppo adito a questo tarlo ideologico che gli ronza nella mente come un presagio; galeotta, questa volta, è una telefonata: il padre di Pinna comunica all’artista che un suo ex compagno di classe desidera fargli visita. Fulvio accetta, sapendo anche che, casualità, il vecchio amico abita in Germania. Così, nel 1987, arriva la proposta: i due, poco dopo, sono in macchina e stanno per raggiungere Berlino una città scissa e spaccata in due, in cui, il concetto di libertà era ormai stravolto e paradossale; dal lato orientale imperversava la povertà e la miseria, mentre da quello occidentale gli artisti trattavano un tema delicato come l’essere liberi con troppa approssimazione. Un versante esalta una libertà che era troppa, quasi indigesta, perché non ha il pudore di avere rispetto per chi soffre; dall’altra parte una privazione ingiusta e fondamentale per ogni uomo.

“East Side Gallery“, la potenza dell’arte in una galleria a cielo aperto

L’idea del East Side Gallery nasce nel 1990 in seguito a un collettivo di 118 artisti provenienti da 21 paesi. Questi, attratti dal chiarore delle mura di confine della Berlino Est, decidono di far confluire la propria creatività su quella tela a cielo aperto; si realizzano oltre cento murales e, i temi, sono per lo più similari: la Guerra Fredda, la libertà negata. Fulvio Pinna è fra quegli artisti, nonché l’unico italiano a dipingere sul grigio del muro a quadroni bianchi. Durante una delle sue innumerevoli interviste, afferma di voler dare ”una bella spalmata di colore” su quella barriera asettica che, per troppo tempo, è stata simbolo di divisioni e sofferenze. Nel febbraio del 1990 riceve l’incarico di aprire i lavori.

Fulvio Pinna, ”Inno alla gioia”: un’opera sul valore della libertà

Inno alla Gioia è l’affresco di 52 metri realizzato da Fulvio Pinna. L’opera contiene diversi simbolismi; la Sirena ritratta dall’artista, come le sirene che nell’Odissea di Omero richiamano Ulisse, sembra invitare colui che osserva alla riflessione: il messaggio che la Sirena di Pinna vuole elargire ai suoi osservatori è una meditazione sul concetto di libertà di cui ne è l’emblema; una parola che racchiude un’idea talmente potente che non decade col tempo né avvizzisce, bensì si arricchisce di nuovi significati nelle varie epoche in cui appare. Accanto al monumentale dipinto una poesia dell’artista:

‘Ho dipinto il muro della vergogna affinché la libertà non sia più una vergogna. Questo popolo ha scelto la luce dopo anni di Inferno dantesco. Tieni, Berlin: i miei colori, la mia fede di uomo libero”.

L’opera ha subito un restauro nel 2009:

”Quando fu il momento di restaurare il dipinto, io ne feci proprio uno nuovo su cui trasferii tutte le riflessioni che avevo accumulato in vent’anni: l’ho arricchito moltissimo e ho lasciato solo la sirena che si porta via la dittatura, legata alla coda. Poi ho tradotto la poesia in inglese perché sapevo che era un’occasione unica per farsi conoscere in tutto il mondo”.

La costruzione del muro si pone come un vero e proprio atto di repressione e privazione della libertà di uomini a discapito di altri uomini; un totalitarismo inaccettabile. L’arte è però strumento essenziale che serve a non far naufragare il passato, ma a imprigionare un momento storico consentendo di farne memoria. Fulvio Pinna constata l’attualità che appartiene al suo dipinto: ancora oggi, purtroppo, si ergono muri. E seppur non si tratti ormai di muri fisici, anche quelli vanno combattuti e distrutti. Unico antidoto, il diritto alla libertà per ogni essere umano.

Stella Grillo

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