Ci sono delle storie che ci restano nel cuore più di altre. Ci riempiono di emozioni forti, tanto che mentre leggiamo sembra quasi di essere catapultati in quel mondo di fantasia. Dalla mia infanzia a oggi, sono molti i fumetti che mi hanno fatto emozionare, spesso anche commuovere. Osservare le sfaccettature che emergono da una storia quando ci viene raccontata attraverso un canale diverso mi ha sempre affascinata. Questo perché specialmente quando un’opera arriva alla sua conclusione è difficile abbandonare quei personaggi che abbiamo talmente tanto interiorizzato che sembrano parte della famiglia. E’ da quel sentimento che parte la ricerca, passando così dalla “Carta allo Schermo”, cercando di trovare altri modi in cui l’opera può essere raccontata. Questa settimana voglio parlarvi di… Tokyo Revengers!
Scritto e disegnato da Ken Wakui (Shinjuku Swan; Abaddon; Dessert Eagle), Tokyo Revengers, vede la sua prima pubblicazione sulla rivista Weekly Shonen Mag il Primo Marzo 2017. Da noi è arrivato solo a Febbraio del 2021, pubblicato dalla casa editrice J-Pop, e nonostante sia da poco tempo sul mercato è già diventato un caso. Con le sue 40 milioni di copie vendute in tutto il mondo, si è aggiudicato il Terzo posto come manga più venduto di quest’anno. Vediamo di capire insieme il perchè.
Ci tengo a fare una breve premessa: il simbolo che troviamo sulle uniformi dei protagonisti del manga, non è una svastica ma un simbolo Manji. Nella cultura Asiatica ha un significato e una forma molto diversa dalla croce uncinata nazista. Infatti nel Buddismo è simbolo di prosperità e buona fortuna. Questo perchè rappresenta ” Le orme del Budda” e nelle mappe giapponesi era utilizzato come simbolo per indicare dove si trovavano i templi. ( In occasione delle olimpiadi, il governo giapponese ha deciso di sostituirlo, per evitare di essere frainteso e di attirare contro il popolo giapponese, un’odio giustificato dalla non conoscenza del contesto culturale da parte dei turisti stranieri )
Tokyo Revengers: La Trama
Siamo nel 2017, e il nostro protagonista ci viene presentato mentre, con un alone del tutto passivo, sta mangiando delle patatine e guardando la Tv, in una casa piuttosto trasandata. Al notiziario sta passando la notizia di un’incidente a Tokyo provocato da una Gang, dove nell’esplosione sono rimasti uccisi due fratelli: Naoto e Hinata Tachibana. E’ qui che Takemichy Hanagaki, il nostro protagonista, ha un sussulto: Hinata Tachibana è l’unica ragazza che abbia mai avuto in tutti i suoi 26 anni di vita.
Dopo aver ricevuto questa sconvolgente notizia, entriamo più in confidenza con la vita di Takemichy, che ci appare sempre di più come un ragazzo perso, senza infamia e senza lode: casa umile e disordinata, padrona di casa che lo tartassa e lavoro poco gratificante. Proprio mentre torna da lavoro, sulla banchina della metro, assorto nei pensieri su Tachibana e su quanto la sua vita fosse migliore quando stava con lei alle medie; viene spinto sotto al treno in arrivo.
Takemichy si risveglierà catapultato nei panni del se stesso del 2005, quando stava con Hinata, e assieme ai suoi compagni di classe, era diventato uno degli ultimi ingranaggi della Tokyo Manji Gang, la gang responsabile dell’incidente nel presente. Durante questa esperienza nel passato Takemichy, rivelerà al fratellino di Hinata cosa li aspetta nel futuro. Takemichy e Naoto si stringono la mano e… Takemichy si ritrova di nuovo nel suo tempo. Grazie alle sue parole è riuscito a cambiare il passato! Quindi con l’aiuto di Naoto e la sua stretta di mano, che sono la chiave per i suoi viaggi nel tempo, tornerà di nuovo indietro nel passato con l’obbiettivo di diventare capo della Tokyo Manji Gang, e impedire così l’omicidio di Hinata.
L’Ispirazione alla base della Tokyo Manji Gang
Non mi soffermo troppo a parlarvi del manga, che oltre alla trama appassionante, ha assolutamente molti pregi anche sotto un punto di vista tecnico . Questo perchè già sul nostro giornale è presente un’ottima recensione del fumetto di Tokyo Revengers. in questo frangente, ho deciso di tralasciare l’aspetto sovrannaturale del viaggio nel tempo, che oltretutto viene vissuto molto di sottofondo non essendoci (ancora?!) spiegazioni spirituali o fantascientifiche; e di parlarvi su dove Ken Wakui abbia preso ispirazione per costruire le basi di quest’opera. Vi spiego meglio…
Se siete amanti dei manga può esservi capitato di imbattervi nel termine Yankii (ヤンキー). Questo termine deriva dalla parola Yankee, che gli americani utilizzano per identificare cittadini di diverse etnie. In Giappone la parola Yankii è stata associata nel 1975, ai poveri del Kansai e successivamente ai giovani ribelli, che vogliono imitare gli americani e che non seguono le regole e gli standard scolastici.
Esistono molteplici nomi per tutte le sottoculture e le bande criminali a seconda delle loro caratteristiche peculiari, in questo caso parliamo dei Bosozoku.
La traduzione letterale sta per “Tribù dalla velocità sfrenata” e con questo titolo vengono chiamati i delinquenti fra i 16 e i 20 anni che fanno parte di una gang su ruote in giappone. Questo tipo di Gang è presente nel sollevante fin dagli anni 50. I membri tipo, erano i veterani della seconda guerra mondiale in cerca di modi per mantenere gli alti livelli di adrenalina, a cui la guerra li aveva abituati. Da qui le competizioni clandestine su strada e la customizzazione soprattutto di motociclette.
Nel 1982 si contavano all’incirca sui 40.000 Bosozoku, erano diventati una piaga sociale. Cosa che fortunatamente è andata a scemare fra gli anni 90 e i 2000, quando il governo ha deciso di applicare delle leggi che consentissero alla polizia di arrestare i motociclisti che viaggiano in gruppo, e di collegarli in certi casi alla Yakuza, che attingeva da questi gruppi di ragazzi per formare le nuove leve.
Sono davvero moltissimi i manga dove i protagonisti sono o hanno amici Yankee ( Akira, Gto, Due come Noi possono essere alcuni esempi calzanti). Diciamo che la particolarità di Tokyo Revengers risiede nel fatto che lo stesso Ken Wakui, in giovane età ha vissuto esperienze dirette simili ai suoi personaggi, essendo stato membro di una di queste Gang.
In un intervista del 2019, infatti, in merito alle domande su dove avesse preso l’ispirazione per la trama del manga ha risposto:
L’idea di partenza è venuta dal mio editore, voleva leggere una storia sugli Yankii. La cosa mi ha interessato, ma non avevo idea di come fossero oggi. È così che mi è venuta l’idea di viaggiare nel tempo per poter descrivere com’erano gli Yankii nei primi anni 2000, quando ero uno di loro
Ken Wakui
L’Anime e il Live Action di Tokyo Revengers
Come in moltissimi altri casi, proprio grazie alla sua trasposizione su schermo ( che ha avuto il suo debutto il 10 aprile 2021 su Crunchyroll ), l’interesse intorno a quest’opera si è notevolmente alzato. L’anime, prodotto dallo studio Liden Films, rispetto al manga ha il grandissimo pregio di ricordare più volte allo spettatore i nodi cruciali della trama; aspetto non da poco considerato che un fumetto può uscire anche a distanza di due mesi uno dall’altro. Però guardandolo tutto d’un fiato proprio questo punto tende ad appesantire i singoli episodi, che hanno una durata di circa 20 minuti. Quindi nonostante la lettura possa essere più complicata, se cominciamo a leggere un volume dopo l’altro il ritmo di lettura sostenuto è sicuramente migliore rispetto a quello di visione.
Per quanto riguarda il Live action, purtroppo da noi in Italia non è ancora uscito su nessuno dei canali ufficiali. Ma visto il successo che ha riscosso in Giappone, dove sono stati venduti 500.000 biglietti solo nella prima settimana di uscita del film; possiamo augurarci che arrivi prima o poi anche da noi.
Spesso i live action dei manga sono deludenti per i fan, per la difficoltà di rendere alcuni elementi sovrannaturali che spesso richiedono effetti speciali costosi; o perchè semplicemente dopo aver amato un manga, e successivamente un anime, si è scettici su quanto l’opera abbia ancora qualcosa da dare al pubblico. ( Un esempio calzante è il live action di Cowboy Bebop, di cui non è stata rinnovata la seconda stagione, proprio perchè non ha riscosso il successo sperato).
Questo è difatti uno dei pochi casi, dove il live action, rispetto all’anime, può avere la possibilità di essere un prodotto migliore. Il punto di forza sono sicuramente gli attori, che rendono giustizia ai personaggi del manga. Nell’anime sia i volti che gli sfondi stessi sono banalizzati. I volti assumono tutti un’aspetto affilato e molti degli spazi dove i protagonisti combattono sembrano preimpostati. E questo non aiuta a prendere sul serio un gruppo di ragazzini che fanno a botte.
In Conclusione…
Nonostante l’accoglienza positiva del pubblico, in molti non sono rimasti convinti dall’opera in generale. L’aspetto che lascia più dubbi per la maggior parte, sta nel non riuscire a empatizzare col protagonista. Takemichy, si prende un’infinità di momenti per piangersi addosso, e la sua arma più potente di fronte a un pestaggio clamoroso, è il discorsetto lacrimoso un pò tirato per le lunghe, al bullo di turno. Non proprio qualcuno a cui potersi ispirare.
Non consiglierei Tokyo Revengers, per il protagonista. Ma lo farei per tutto il resto. Il punto di forza di questo manga è proprio il racconto della vita del teppista giapponese tipo, che in molte altre opere, è più un contorno, un’aggiunta. In questo caso Ken Wakui, ci dà una visione più approfondita, raccontandoci di volta in volta, il passato dei personaggi che fanno parte della Tokyo Manji Gang e di tutte le altre gang. ( Ovviamente con l’aggiunta delle variabili causate dai vari viaggi nel tempo).
L’autore non vuole farci empatizzare col ragazzino che deve diventare il capo della gang per salvare la sua ragazza. Vuole farci capire cosa ha spinto i vari personaggi a diventare dei teppisti, e come sia dura poter tornare indietro una volta fatte scelte simili. Con i vari viaggi indietro nel tempo, si può tranquillamente dire, che Takemichy stia ricercando la strada non solo per salvare Hinata, ma anche quella per salvare se stesso e i suoi amici, cercando la vita da vivere migliore per tutti, e cercando dove possibile di non lasciare indietro nessuno.
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Carlotta Mione