Se c’è vita, c’è crisi. E figuriamoci quando di mezzo c’è anche una pandemia, un biennio di stasi globale: una pausa dalla vita stessa.  Un po’ come per le emergenze naturali e sociali, forse anche per l’editoria italiana però era necessaria una profonda crisi affinché i problemi fossero affrontati sul serio. Affrontati non lo sono stati, ma riconoscere la crisi vuol dire fare la luce su problematiche e in primo luogo focalizzare la necessità del cambiamento.  Se emergenza sembra essere, più che resilienza (diciamocelo) la parola degli ultimi anni, è bene comprendere quanto questa inevitabilmente abbia polarizzato tutti i settori. Più che dell’editoria, in Italia silente e nascosta l’emergenza culturale è lampante a pari passo di molte altre.  E i segnali provengono da tutti i settori del sapere, compreso quello dell’editoria italiana. 

Nel 2021 aspettavamo tutti di volare su automobili volanti, quantomeno veder fiorire un nuovo mondo, e invece eccoci qui. A capo si torna alla stessa ragione, l’emergenza (sanitaria, per prima) fa divergere persino le evoluzioni. Nell’editoria, attendiamo ancora che le nuove professionalità riescano a valorizzare con trasparente i nuovi strumenti efficaci per la diffusione della conoscenza. Affinché l’affollarsi di nuove mansioni nei CV non resti soltanto il salvadanaio del marketing ma contribuisca ad arricchire in qualche modo anche la cultura del paese. La prospettiva (anzi, l’ambizione) è quella di creare un ambiente innovativo ma che sappia prendersi cura della nostra cultura. Che sia materializzato il pericolo: non solo in termini di vendite, di crisi del mercato, ma anche di trasmissione del sapere, di scambio culturale.

I paradigmi dell’editoria italiana si cristallizzano nel passato tradizionale, senza proiettarsi in una rivoluzione a partire dai canali.  La resilienza culturale del nostro paese non è a servizio di ideologie, ma è ancora governata dal mercato. Aspettiamo che passi l’emergenza, che la paura diventi rabbia, la rabbia energia, che la crisi diventi il motore del cambiamento. Per non cannibalizzare l’editoria italiana, immaginare un clima che non sfrutti l’eccezione ma garantisca l’opportunità, la sostenibilità di nuovi progetti. Soltanto dieci anni fa l’avvento del Kindle Direct Publishing, è stata una delle innovazioni più importanti nel mondo editoriale. Oggi l’editoria italiana non ha bisogno solo di nuovi strumenti, ma di imparare a usare quelli che ha introdotto nella maniera più nobile, rivoluzionaria, onesta possibile. Anche produttiva, ma non solamente. Un prodotto che generi profitto, ma che rigeneri anche la cultura, che crei un ecosistema di nuovi valori, voci, pensieri. Ora abbiamo tanto da dire, proviamo a raccontarlo. 

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