Il 3 gennaio 1929 nasceva il maestro del cinema italiano Sergio Leone. Annoverato tra i padri fondatori del genere spaghetti-Western, genere che negli anni ’60 riportò in auge i film di “cowboys”, riscrivendone i paradigmi. Da “Per un pugno di dollari”,(1964) a “Giù la testa”, (1971), ripercorriamo brevemente la carriera del noto regista italiano.

Nato a pochi metri dalla Fontana di Trevi, a Roma, nel ’31 si trasferisce con i genitori nel quartiere popolare di Trastevere. Il padre, Vincenzo Leone, in arte Roberto Roberti è stato uno dei pionieri del cinema muto. Fra i banchi di scuola incontra il suo futuro amico e collaboratore Ennio Morricone. Essendo figlio d’arte, fin da giovane Sergio Leone partecipa ai film del padre, in qualità di assistente e aiuto regista. Degna di nota è la comparsata nel film “Ladri di Biciclette” di Vittorio De Sica, capolavoro del cinema neorealista. In questa pellicola Sergio interpreta un giovane seminarista straniero che si ripara sotto un cornicione durante un temporale.

Il genere Peplum e gli esordi alla regia

Ventenne, Sergio Leone lavora come aiuto regia in vari colossal ai tempi della Hollywood sul Tevere, quando Cinecittà era invasa da produzioni americane. In quegli anni il genere peplum spopolava: film ambientati nell’antica Roma, nell’antica Grecia o durante avvenimenti biblici. Leone diresse la seconda unità in vari film tra cui “Quo Vadis” di Mervyn LeRoy (1951) e soprattutto “Ben-Hur” di William Wyler (1959) dove Leone gira la famosa scena del “duello delle quadrighe”, dove però non risulta nei crediti.

Nel 1961 esce il suo esordio alla regia, “Il colosso di Rodi”, film peplum che racconta la storia d’amore tra la figlia del re di Rodi ed un viaggiatore straniero. Grazie alla sua esperienza sul set riesce a creare un colossal coinvolgente e verosimile nonostante il basso budget a disposizione.

“Per un pugno di dollari” e il filone degli spaghetti-Western

Negli anni ’60 l’interesse per il genere peplum cala. Leone viene convinto da alcuni collaboratori a girare un western di produzione italo-spagnola, riprendendo la trama di “La sfida del samurai” di Akira Kurosawa (1961). Sergio Leone crea “Per un pugno di dollari”, capostipite del genere western all’italiana, che consisteva in produzioni a basso budget, stile rozzo e sporco e personaggi anti-eroi, sfaccettati nella psicologia e ambigui. Anni dopo il regista nipponico Kurosawa fece causa a Leone per aver copiato la trama del suo film, e la vinse!

Il secondo film di Leone lancia un fino ad allora semisconosciuto Clint Eastwood fra le stelle del cinema. L’attore statunitense infatti passa dal fare qualche piccola parte in serie tv americane a girare in tutti i primi tre film western di Leone. Dopo “Per un pugno di dollari”, (1964) arrivano infatti “Per qualche dollaro in più”, (1965) e “Il Buono, il Brutto e il Cattivo”, (1966). Successivamente, nel ’68 gira “C’era una volta il west”, con protagonisti Charles Bronson, Henry Fonda e Claudia Cardinale, epopea wester che riscrive il genere e lo consacra regista-autore di fama mondiale. L’ultimo film di ambientazione western è “Giù la testa”, (1971), film più umano e politico di Sergio Leone, girato in poco tempo. Sergio Leone infatti doveva essere solo produttore del film ma passò infine dietro la macchina da presa.

“C’era una volta in America” e l’eredità di Sergio Leone

Sergio leone è annoverato come maestro del cinema sia in Italia che nel mondo, particolarmente in America. Registi del calibro di Stanley Kubrick e Quentin Tarantino mostreranno stima per lui e per il suo lavoro. Quentin Tarantino in particolare è un fan sfegatato del genere spaghetti-western, che ha influenzato potentemente il suo stile. Leone riscrive un genere, quello western, ma col suo ultimo film ne riscrive anche un altro, il genere Gangster.

“C’era una volta in America” è l’ultimo film di Leone, che narra la storia d’amicizia di due gangster di origine ebraica. Un racconto sull’amicizia e sul tempo. Uscito nel 1984 viene acclamato in tutto il mondo, tranne in America, guarda caso. Il film infatti, trai cui protagonisti c’è un giovane Robert De Niro, viene tagliato dai distributori americani e sconvolto nella sua struttura temporale. Anni dopo il film verrà rimontano nella sua forma originale di 229 minuti, risultando un successo anche nel Nuovo Mondo.

Marco Pozzato

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