Ci voleva una storia semplice, non facile da raccontare. Fatta di domande ingenue, “Perché i cani e gli ebrei non possono entrare babbo?“, e di frasi d’amore disinteressate, “Che ho una voglia di fare l’amore con lei che non si può immaginare..”. Tanto bastò a portare il ritorno in massa nelle sale cinematografiche, e la vittoria, non scontata, sui film americani. ‘O Roberto’, come direbbe lui nella leggerezza del suo toscano, ‘che vole questo film?‘. E lui a rispondere: “Questo film non l’ho pensato, mi è arrivato. Volevo lasciarmi pigliare da una cosa che m’avvolgesse tutto..”. Stasera in tv “La vita è bella“: sembra ieri quando gli occhi di Giosuè, seguivano da dietro le feritoie il gioco…

Mio padre è stato in un campo non di concentramento ma di lavoro. Me l’ha sempre raccontato con leggerezza, senza farmelo rivivere come trauma“. Ricorda Benigni, che ha inventato il film nel 1997, e, non potrà essere il suo ruolo di ‘giullare’ a spaventare la critica ma, farebbe più paura, la mancanza di spiegazione dell’Olocausto. Guido Orefice (Roberto Benigni) il protagonista, è stato creato non per assomigliare ad un ebreo, ma è un personaggio che rappresenta chiunque, espressione “dello scintillio, del luccichio della vita”. E Giosuè (Giorgio Cantarini) con i suoi “Mille punti da schiantare dal ridere”, è stato scelto da Benigni, perché assomigliava a lui e Nicoletta. L’innocenza, la bellezza, la vispezza, la furbizia, in un volto di fanciullo che non aveva mai recitato. Che viveva, per la prima volta, dal vivo, le urla, le torture, i fucili.

Stanotte t’ho sognata tutta la notte

Ricostruire il lager, senza baracche di legno ma in muratura. Questa il campo pensato da Benigni per “La vita è bella“, stasera in tv. Con la preziosa consulenza per il vestiario dei deportati, di Nedo Fiano sopravvissuto ad Auschwitz. Senza ricorrere mai alla presenza di un sidecar, non voluto da Benigni. E, per girare la scena degli assassinii nelle camere a gas, si avvalse di Shlomo Venezia, unico italiano sopravvissuto a un Sonderkommando di Birkenau, che doveva lavorare in quegli impianti di morte.

Falli ridere‘, ‘fai il clown‘, sembra essere il motto, se si vuol raggiungere attraverso la finzione la vera essenza della vita. Così farà credere a Giosuè che si tratta di un gioco, che sono liberi e che possono andarsene quando vogliono, ma che se resistono, riusciranno a vincere il carrarmato. Perché i punti, li perdono quelli che si mettono a piangere, che vogliono vedere la mamma, che hanno fame e vogliono la merendina, “scordatevela!”. “Inizia il gioco, chi c’è c’è, chi non c’è non c’è”. Quel bambino oggi, ha recitato ne “Il Gladiatore” e vive a New York, dove lavora come attore di cortometraggi.

Andavamo al cinema, e avevi quel tailleur rosa 

Quante volte te lo devo dire che a me piacciono le cose semplici, come un bel gelato al cioccolato!“. La favola inizia nella provincia Toscana degli anni trenta, intorno l’amore di Guido e Dora (Nicoletta Braschi). Fatta di dolcezza, una fuga sotto al tavolo che culminerà con un bacio. Quanto di Charlot (Chaplin) c’è nelle scene de “La vita è bella” stasera in tv, tra i camerieri indaffarati del grande hotel, la dove Guido lavorava e dove viene annunciato il matrimonio di Dora e un suo compagno di scuola: “Champagne: quarantacinque gradi sul braccio sinistro, culo della bottiglia sull’ultima costola… Si toglie la gabbia con maestria. Importantissimo: l’espulsione del tappo non deve essere rumorosa, ma una candida nota bassa… Ancora importantissimo: non ci deve essere fuoriuscita… Lo champagne non deve sgorgare fuori dalla bottiglia, né dai bicchieri: roba da villani!”.

Così Roberto ricorda il suo amico Massimo Troisi: nella scena a teatro in cui Guido, bloccato da un lato a guardare Dora, e giustificandosi alla vicina di posto come sordo da un orecchio, cerca di far voltare verso di sé l’amata. Sussurrando piano piano “Voltati!”, esattamente come Troisi in “Ricomincio da tre, tenta di spostare un vaso con la sola forza del pensiero. O, allo stesso modo, nella scena in cui Guido fa il giro del quartiere per spuntare casualmente davanti a Dora, proprio come fu per Troisi. Guido fa sentire la sua voce al microfono per comunicare con la moglie, c’è un riferimento al film del 1994 “Le ali della libertà” di Frank Darabont con Tim Robbins e Morgan Freeman: quando il carcerato Andy Dufresne, fa sentire la musica classica grazie all’altoparlante del carcere, e tutti incuriositi alzano il capo. 

Dimenticavo di dirle..

Doveva chiamarsi “Buongiorno Principessa“, ma il titolo venne cambiato in “La vita è bella”. Una frase estrapolata dal testamento di Lev Trotsky, che recita così: “La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore. Aveva ragione quel diavolo di un Benigni, che scavalca le poltrone rosse del Dolby Theater, alla chiamata “Roberto!“, o che scherza con Letterman nel suo Late Show: “come in una favola c’è dolore, e come una favola, è piena di meraviglia e di felicità”.

Federica De Candia. Seguici su MMI e Metropolitan Cinema!