Una serie di test sono stati effettuati, selezionando come target la proteina N, che potrebbe essere la chiave per un nuovo vaccino efficace contro ogni variante. Meno nota della proteina Spike, la N non mostra nessuna mutazione tra le varianti che conosciamo finora.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista di divulgazione scientifica Viruses: condotti su modelli animali di topo e basati sulla proteina N, comune a tutte le varianti del virus, tale proteina sarebbe in grado di garantire una protezione efficace anche su soggetti che presentano carica virale elevata. Lo studio preclinico, svolto dall’Istituto superiore di sanità, potrebbe aver trovato una nuova e definitiva piattaforma vaccinale contro il Covid-19.

Ma come hanno fatto? Come spiegato dall’Iss, il metodo si basa su una nuova strategia che ha selezionato come bersaglio questa certa proteina N, che si differenzia dalla Spike, che è quella coinvolta fino ad ora nello sviluppo dei vaccini, poiché non mostra quasi nessuna mutazione tra le varianti SARS-CoV-2 attualmente riconosciute. Il metodo con cui è usata in questo studio la proteina N genera inoltre una memoria immunitaria a livello polmonare che potrebbe essere garanzia di un effetto protettivo duraturo nel tempo.

Questo meccanismo si basa sulla ingegnerizzazione delle nanovescicole naturalmente rilasciate dalle cellule muscolari e ciò che lo differenzia dagli attuali vaccini è che potrebbe superarne i limiti di efficacia sul decadimento degli anticorpi. Definitivo, insomma. Il gruppo di ricercatori Iss ha dimostrato che, quando le vescicole extracellulari vengono caricate con la proteina N, si può generare una reazione immunitaria in topi tale da indurre una sostanziale protezione dall’infezione anche con cariche virali molto elevate.

La tecnica che è stata messa a punto è in grado di generare una memoria immunitaria a livello delle vie respiratorie, che volendo creare un effetto duraturo contro patogeni respiratori, è una condizione essenziale. Maurizio Federico è l’autore senior dello studio, e spiega: “Tutte le cellule rilasciano costantemente minuscole vescicole a base lipidica definite vescicole extracellulari, e la tecnica messa a punto in Iss è in grado di caricare queste nanovescicole naturali con proteine di SARS-CoV-2. Queste nanovescicole così ingegnerizzate vengono elaborate dal sistema immunitario in modo da generare una forte immunità cellulare orchestrata da una famiglia di linfociti identificata come linfociti CD8”.

Lo studio non è ancora terminato, ci sono ancora una serie di test addizionali da effettuare, al fine di stabilire parametri che riguardano, ad esempio, la sicurezza della piattaforma vaccinale e la sua tollerabilità. Sarà inoltre necessario comprendere se eventuali vaccini sviluppati con la nuova piattaforma debbano essere integrati da forme di immunizzazione basate sulle tecnologie attualmente in uso, per esempio basate su mRNA. Lo studio, sovvenzionato tramite finanziamenti dall’Iss, dimostra “l’impegno dell’Iss e dei suoi ricercatori nella ricerca di strategie che possano condurre a vaccini contro SARS-CoV-2 di maggiore efficacia”, come dicono dall’istituto.

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