Milano, 17 febbraio 1992, Mario Chiesa viene arrestato al Pio Albergo Trivulzio per aver ricevuto una tangente da 14 milioni di lire. Si tratta di una consegna intenzionale, svolta dal giovane imprenditore Luca Magni, con lo scopo di incastrare Chiesa. In poco tempo una vicenda apparentemente isolata, si trasforma nel Caso tangenti e subito dopo in uno dei capitoli giudiziari che gettano più in cattiva luce la politica italiana: Mani pulite.

Mario Chiesa: il cavallo di Troia con dentro gli altri

L’operazione Mani pulite, o Tangentopoli, rappresenta uno dei momenti più bui della storia della politica italiana. Con quell’indagine si scopre che la corruzione, da generalizzata, si è fatta sistema.

Se nella narrazione della vicenda in oggetto partiamo dalle origini, non possiamo omettere la legge che introdusse nel 1977 il cosiddetto “appalto concorso“. Si trattava di un sistema con cui l’amministrazione pubblica poteva limitare l’accesso ai lavori a un certo numero di aziende private. A ogni attività economica corrispondeva un esponente politico, al cui partito si assegnava una tangente.

L’arresto in flagranza di reato di Mario Chiesa, inizia proprio dall’applicazione di questa legge. Il politico e dirigente d’azienda che fa esplodere il caso tangenti, si era intascato una bustarella per assegnare l’appalto in una casa di riposo a un’impresa di pulizie. Con questo evento venne alla luce un sistema diffuso di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti.

Questa operazione portò all’arresto e alla denuncia di migliaia di esponenti della politica, dell’economia, della pubblica amministrazione, delle istituzioni e delle imprese. Più della metà dei parlamentari di quegli anni era sotto indagine. Un bilancio desolante.

La rivoluzione culturale tarda ad arrivare

Bettino Craxi, nel luglio del 1992, pronuncia un discorso durante il dibattito parlamentare sulla fiducia al Governo Amato. Si tratta di un’analisi del sistema dei partiti, in cui il politico afferma che il sistema della democrazia italiana è giunto a un punto particolarmente critico. Tutti infatti, sapevano che parte del finanziamento politico era irregolare o illegale.

In quegli anni dai giornalisti, al servizio del Palazzo di giustizia di Milano, raramente nascevano degli spunti di riflessione sulla vicenda in corso. Si preferiva, come sempre, assecondare la necessità di svago del telespettatore. La base della narrazione biblica che fu fatta di Tangentopoli, fece salire sul podio in qualità di eroe Antonio di Pietro, il più famoso dei magistrati che si occuparono di Mani Pulite. Come accadde con la Lega Nord di Bossi, i telespettatori furono attratti da tale Pubblico ufficiale per il suo modo di agire molto vicino al quotidiano, percepito come sinonimo di autenticità.

Tangentopoli è la rappresentazione dell’Italia che si disgrega. Tuttavia, da quell’inchiesta sono nate anche delle riflessioni sulla Magistratura. Ancora oggi, si necessita di ristabilire dei confini netti tra il potere giudiziario e quello politico. Infatti, a tornare indietro e rileggere i report giornalistici del tempo, sorge il dubbio che la narrazione di Mani pulite sia distorta. Alcuni giornalisti ora lo ammettono. Scrive Buccini, oggi inviato del Corriere della Sera, che gran parte degli scrittori del tempo rappresentava un “pool di giornalisti” che si affiancava al pool di magistrati. Se molti lettori del tempo non si sono fatti un’idea indipendente della vicenda, adesso si possono analizzare oggettivamente i fatti per capire se la Magistratura ha operato con un eccesso di potere.

Michela Foglia

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