Il governo esce a pezzi da una notte di urla, spintoni e caos nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera tanto che il premier Mario Draghi convoca i capidelegazione di maggioranza per una strigliata che sa di ultimatum: o mi garantite i voti o così il governo non può andare avanti, ha detto in sostanza nella riunione a palazzo Chigi.

Il governo esce infatti ammaccato dopo aver incassato ben quattro sconfitte su altrettatnti emendamenti.

Si tratta di provvedimenti di peso che vanno dall’Ilva alla sperimentazione sugli animali, fino all’aumento del tetto di contanti usabili e alle graduatorie per la scuola

Qualcosa di più di un incidente soprattutto alla vigilia dell’attesissimo Consiglio dei ministri che dovrebbe varare il decreto per contrastare il caro bollette e probabilmente anche il ripristino della cessione del credito per il superbonus. Non poco, e l’incidente viene letto nelle sue proporzioni anche al Quirinale. Mario Draghi così non perde tempo e non appena atterrato proveniente dal Consiglio europeo di Bruxelles sale al Colle – richiamato dal presidente, sottolineano fonti parlamentari – per riferire della crisi ucraina ma anche per fare il punto con il capo dello Stato che fonti di governo definiscono preoccupato per quanto avvenuto nella notte in Parlamento. Ne esce un richiamo ai partiti di maggioranza che il premier esplicita nella riunione chiedendo “un immediato chiarimento” perchè non si tratta di normali dinamiche parlamentari ma di un problema squisitamente politico. Draghi non ha mancato di ricordare il motivo per cui è stato portato a Chigi dal presidente della Repubblica sottolineando che lui ha accettato “per fare le cose”. 

Il combinato disposto di venti di guerra e agguati di maggioranza non può che mettere sull’allerta sia Chigi che il Quirinale sulla tenuta della maggioranza. Anche perchè, seppur sottotraccia, le linee di politica estera rispetto alla Russia all’interno della coalizione non sono consonanti e forti sono i timori che le sanzioni contro Mosca provochino contraccolpi pesanti sul mercato dell’energia italiano.

Contro il parere dell’esecutivo sono passati gli emendamenti che prevedono il dietrofront sull’Ilva e sul tetto al contante così come sono state approvate norme sulle graduatorie della scuola e i test sugli animali. Più in particolare la maggioranza si divide su un provvedimento dal forte valore simbolico – approvato da pochissimo – come il tetto al contante che viene in un attimo riportato a 2000 euro. La Lega e FI hanno votato infatti con l’opposizione rappresentata da Fratelli d’Italia.

Una modifica passata per un solo voto con il parere contrario del governo. Altro scossone si verifica sull’Ilva: la norma originaria cambiava la destinazione di parte dei fondi Riva che ora tornano a poter essere utilizzati per le bonifiche. In questo caso sono Fratelli d’Italia e Lega a votare a favore in sintonia con il parere del governo. Anche sulle graduatorie per l’Istruzione il governo aveva dato parere favorevole a una riformulazione che però è stata bocciata dalle commissioni. Come se non bastasse l’esecutivo è andato sotto anche sulla norma che prorogava la sperimentazione animale per soli sei mesi. L’emendamento approvato, con il parere contrario del governo, ha allungato la sperimentazione fino al primo luglio del 2025. La sintesi del caos che si sta impadronendo della coalizione viene da un ministro governista della Lega, Giancarlo Giorgetti: “se i capigruppo non controllano i gruppi è grave, ma se li controllano e questo è il risultato voluto è peggio”.