Oggi, 7 marzo, il Metropolitan Today era presente all’anteprima stampa e alla conferenza stampa del film “C’era una volta il crimine” per la regia di Massimiliano Bruno, al cinema Adriano di Roma. Terzo capitolo della trilogia, questa commedia all’italiana vede numerosi elementi nuovi. Primi fra tutti l’entrata nel cast di Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini. Poi l’evoluzione psicologica di alcuni, specialmente il personaggio di Gianmarco Tognazzi, che si apre alla vena sentimentale. I personaggi, tutti, diventano ora degli eroi “sic et simpliciter” che darebbero la vita per gli altri, nonostante le loro sempre presenti stranezze.
Sulla scia di “Non ci resta che il crimine” e “Ritorno al crimine“, questo terzo film di Bruno narra le vicende della simpatica banda criminale. Uno sgangherato Marco Giallini, un sempliciotto Gianmarco Tognazzi, lo stesso Massimiliano Bruno, e una coatta Giulia Bevilacqua, stavolta nel settembre del 1943. Con una speciale macchina del tempo i primi due, insieme a Morelli, arrivano proprio all’8 settembre, giornata dell’armistizio. Bruno e Bevilacqua, invece, monitorano il tutto dal presente, tramite monitor speciali. E’ questa la linea di demarcazione tra ironica comicità e periodo storico complesso. Attuale mai come ora, ahimè.
L’esilarante risata, frutto di una combo perfetta di attori, e lo sfondo storico delle vicende, dà un’atmosfera di continua curiosità, dove il sorriso è sempre dietro l’angolo. Tutto nasce da un colpaccio. Il voler rubare il quadro della Gioconda, durante la Seconda Guerra Mondiale, e tornare nei tempi contemporanei, con una ricchezza oltre l’immaginazione. Gli stessi titoli di apertura del film sono una sequenza fumettistica che narra l’inizio delle vicende di questo quadro rubato che Giampaolo Morelli sempre terrà nello zaino durante tutto il viaggio. Morelli diventa un colto professore di storia, utile per prevedere ogni mossa nel loro viaggio nel passato. Carolina Crescentini è la nonna di Giallini, giovane e bella in quegli anni di guerra, alla ricerca della figlia rapita dai nazisti, nonchè la madre di Giallini da bambina.
Figura non protagonista ma che dà un tocco di romanità e simpatia è quella di Edoardo Leo, che ad inizio film saluta tutti per tornare nella sua navicella del tempo, destinazione anni Ottanta, ai quali appartiene, ma che si rivelerà indispensabile successivamente, per aiutare la banda nel massimo momento di difficoltà.
Le parole del regista del film
Tutti i personaggi, durante la conferenza stampa, sono d’accordo sull’affermare che, tra i tre film della saga, “C’era una volta il crimine” sia stato quello più difficile da girare, poichè le riprese sono avvenute durante il periodo del Covid.
Queste le parole di Massimiliano Bruno, il regista del film:
Il Covid ha depresso le persone. Non sono qui per dare consigli a nessuno su come fare cinema, ma il cinema aiuta a condividere la risata. Ormai condividiamo solamente sui social. Sarebbe interessante un accordo del mondo del cinema con le piattaforme social, perchè se so che esce un film e dopo due mesi posso trovarlo su Internet, aspetto due mesi e non vado al cinema. Il cinema non deve diventare come il vinile per la musica. Per impedire questo bisogna fare film con potenza e forza emotiva. I film che emotivamente colpiscono di più, con cui discuterne con un amico, sono i film che rimangono nella storia. Dobbiamo raccontare storie che abbiano un impatto intelligente ed emotivo per tutti. Ci vuole spessore anche nella commedia, ed è questo che abbiamo provato a fare con questo film.
Fascisti, partigiani, sparatorie tra ganzi degli anni Ottanta e nazisti, telefonate con Hitler, e Mussolini che prepara l’abbacchio mentre il re Vittorio Emanuele l’ha imprigionato. Tra il surreale e l’ironico irrefrenabile, per chi vuole sorridere, per chi vuole ridere di gusto, per chi vuole testare le proprie conoscenze storiche e farci sopra ancora un’altra risata, questo film è un continuo susseguirsi di colpi di scena, di sottile romanticismo, e di significato storico non indifferente. La canzone di sottofondo di Giorgio Gaber fa da collante e da narratore del più puro significato della storia: “Libertà è partecipazione“.
Francesca Orazi
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