In Italia non si registrano più infezioni da Covid-19 diverse da quelle provocate dalla variante Omicron. Tuttavia, quest’ultima si è modificata rispetto alla sua prima versione. Secondo la banca dati internazionale GISAID ci sarebbero delle sottovarianti di Omicron, una delle quali ancora poco diffusa. La maggior parte delle mutazioni si trova nella proteina Spike, quella con cui il virus aggredisce l’uomo.

Le sottovarianti di Omicron nel dettaglio

La prima versione della variante Omicron, la BA.1, si sta contraendo per incalzare la BA.1.1, diffusa nella misura del 36%, e della BA.2, presente per il 5%. C’è anche una terza sottovariante, che si chiama BA.3 ma che è poco diffusa.

Il genetista Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge, azienda di biotecnologie di Napoli, ipotizza che il virus stia cercando nuove chiavi di ingresso per sfuggire agli anticorpi. Tuttavia i dati non sono ancora abbastanza sostanziosi per avanzare un’ipotesi così importante. Quello che è certo è che la maggior parte delle mutazioni è nella proteina Spike (S), con la quale il virus entra nelle cellule umane. Nelle sottovarianti di Omicron però, le mutazioni si trovano anche nella proteina Nuclecapside (N), che aiuta il virus a moltiplicarsi e sulla quale non si nota una pressione selettiva.

Michela Foglia

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