“Perché a volte, l’uomo non era per niente un uomo. Ma era un bambino. Un bambino sfuggito ai lupi. Un animale notturno, invisibile, silenzioso che vive in un mondo inaccessibile agli altri. Un mondo di lucciole rivelato soltanto da un chiarore appena percepito… già svanito al momento in cui ti concentri per guardarlo“. Clint Eastwood diresse “Mystic River” nel 2003. Un ‘capolavoro inquietante’ girato in soli 39 giorni; in cui prestò la sua voce come narratore del trailer, e fu autore della colonna sonora da esperto musicofilo e pianista. Porta con sé, l’amico reduce de “Il buono, il brutto, il cattivo” di Sergio Leone: Eli Wallach, che fa una breve apparizione nel ruolo del venditore di liquori interrogato dagli agenti. Non è più tempo di lucidare canne di fucili, Clint Eastwood come ventiquattresimo film, crea un thriller di stati d’animo. Il sapore del vecchio western è solo un ricordo sui volti dei due amici. “Mystic River“, stasera in tv: occhio al ‘gesto della pistola’, forse “copiato” a Charles Bronson nel datato “Il giustiziere della notte”.

Tim Robbins vinse l’Oscar come miglior attore non protagonista nel ruolo di Dave. Il tormentato personaggio, è stato creato proprio da Robbins, miscelando sapientemente le due anime che da sempre hanno caratterizzato le sue interpretazioni sceniche: l’ingenuità di “Genio per Amore“, e la l’ambiguità di “Arlington Road“. L’attore americano, dal suo metro e novantaquattro di altezza, misure straordinarie anche per Hollywood, negli anni novanta fu eletto dall’Empire Magazine uno degli uomini più sexy del cinema, nonché inserito nella lista delle100 star di maggior rilievo. Mentre Sean Penn trionfò come ‘Migliore attore protagonista’ per la sua interpretazione di Jimmy: “Tu hai mai pensato che una scelta da niente ci può cambiare la vita? Si dice che la madre di Hitler volesse abortire… ma cambiò idea all’ultimo momento. Ti rendi conto?”

Mystic River, il fiume ha un’anima

Siamo a Boston nel 1975. Tre ragazzini, Sean (Kevin Bacon), Jimmy (Sean Penn) e Dave (Tim Robbins) giocano a hockey per strada, da ‘inseparabili canaglie’. Incuranti, si mettono a incidere i loro nomi sul cemento fresco di un marciapiede. Quando una volante si avvicina a loro, e un uomo li rimprovera per la loro condotta. Sembrerebbe un poliziotto, e intima a Dave di salire in macchina, dove sul sedile anteriore, c’è un sacerdote, finto, così da simulare un riaccompagnamento a casa con predica. Il bambino sparirà per quattro lunghi giorni; nessuno, a parte lui, saprà veramente cosa è successo. Ma fu vittima della violenza di un pedofilo.

La storia riprende 25 anni più tardi. I tre amici si ritrovano per caso, quando Katie, la figlia diciannovenne di Jimmy, viene uccisa. Sean è il poliziotto del Massachusetts State Police incaricato delle indagini. I sospetti ricadono sull’ex bambino violentato: perché la sera dell’omicidio, Dave, che abita nello stesso vecchio quartiere di Jimmy, un sobborgo proletario bagnato dalle acque del fiume menzionato nel titolo, rientra a casa ferito a una mano e alla pancia, ricoperto di sangue. Alla moglie Celeste, racconta che un rapinatore lo ha aspettato nel parcheggio e, al rifiuto di dargli i soldi, lo ha ferito. E Dave ha risposto violentemente, forse uccidendolo. “Io non mi fido più nemmeno della mia mente, Celeste. Devo avvertirti“.

Perché spaventa e attrae

“A volte penso che… penso che ci siamo saliti tutti e tre insieme in quella macchina. E tutto questo è solo un sogno, lo sai?.. In realtà, siamo ancora ragazzini di 11 anni chiusi in una cantina a immaginare come sarebbe stata la nostra vita se fossimo scappati.. “Forse hai ragione, Sean. Chi cazzo lo sa?“. Il dialogo da Sean e Jimmy. “Mystic River” stasera in tv, è tratto dal romanzo “La morte non dimentica” di Dennis Lehane. Lo scrittore, uno dei maggiori romanzieri statunitensi, appare in un cameo nel film: a bordo di una decappottabile durante la parata alla fine del film, mentre parte la musica “Semper Fidelis, inno degli United States Marine. Presentato in concorso al 56º Festival di Cannes, il film non ha ottenuto alcun riconoscimento. Lo stesso direttore di allora del Festival di Cannes, Thierry Fremaux, aveva dichiarato il proprio sconcerto nel dover chiamare Eastwood e comunicargli che il suo film non aveva vinto alcun premio.

Un giallo intenso, crepuscolare, con i toni cupi di una fotografia che rispecchia l’oscuro e il marcio dei bassifondi della società americana. La città del peccato, ha le tenebre anche di giorno. E quel fiume impetuoso, forse, fa da sfondo a ripulire le coscienze, mistico e purificatore. Anche intermezzo spartano tra il bene e il male. Quasi il ‘mantra’ di una tragedia greca. Eastwood legge il romanzo e pare rimanga colpito da una battuta di Dave sul sogno della giovinezza mancata, che lui non ha mai potuto avere. L’ autore del libro racconta la realtà, perché capitò a lui di essere sfuggito ad un tentativo di rapimento di un uomo, finto poliziotto, che si offriva di accompagnarlo a casa.

Il sogno americano a pezzi

Con un finale che, per volere dello stesso regista, resta aperto a più interpretazioni: un dialogo non chiaro tra Jimmy e Sean sul loro futuro, e la scena del bambino di Celeste che sale da solo sul carro della parata, tra le urla della madre. Un film che fa piangere, arrabbiare, che stordisce, e che non dà scusanti, ne riparazioni. Nessun riscatto, in quella America periferica dove non c’è spazio per sognare. Pura crudezza; Sean Penn ha richiesto sul set una bombola d’ossigeno, che restasse a disposizione nel caso di suoi problemi respiratori tra scene di cadaveri e violenze d’animo.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema