Ne è passato di tempo, da quando apriva lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: “musica pseudobarocca, fintoetnica” a perdersi nella nebbia di Milano. Una città che però piaceva a Franco Battiato; lui che un po’ di grigio già lo portava con sé dal quartiere catanese Carmine – Scariceddu di Ionia. Con qualche nota di chitarra che conosceva, lo presero al cabaret il “Club 64“, frequentato da Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzettoe Bruno Lauzi. Nel pubblico c’era Giorgio Gaber che d’istinto gli disse: “Vienimi a trovare“. Così il giorno dopo, diventarono amici.

Sarà proprio il signor G, cantautore milanese d’avanguardia, a lanciare Francesco Battiato, questo il nome di battesimo da lanciare in pasto alle platee. Si esibiva insieme al compaesano Gregorio Alicata, davanti alle scuole. Era il 1967, e formarono il duo “Gli Ambulanti“: canzoni di protesta per quel pubblico di stada. Ma si farà pop quella musica, è fu subito una nuova ‘era’.. Incomprensibili giri di parole, pseudocolte. Fiabe incatenate alla realtà, dove un tocco d’ironia è la polverina magica. Nasce nel 1979 “L’era del cinghiale bianco“: “Pieni gli alberghi a Tunisi per le vacanze estive a volte un temporale non ci faceva uscire.. Un uomo di una certa età, mi offriva spesso sigarette turche..”

L’ era che non finì

Il cinghiale bianco indicava presso i Celti il sapere spirituale, la conoscenza, e anche la vitalità e la forza. La sua carne veniva sepolta insieme ai defunti. Dell’animale dal pelo bianco, se ne parla anche nella leggenda di San Pietro al Monte, in cui un principe va a caccia di questo temibile cinghiale, tra la cecità che lo coglie e altri incontri magici. Il violino del maestro Giusto Pio, la chitarra elettrica, e le minime parole per cercare di non rubare spazio al raggiungimento di una contemplazione spirituale, che invoca il ritorno alla sapienza e ai valori dei nostri antenati o degli antichi druidi. Canta ancora, Franco Battiato, ispirato dal vento di Russia “a trenta gradi sotto zero“: Un giorno sulla Prospettiva Nevskij per caso vi incontrai Igor Stravinski”, “E gli orinali messi sotto i letti per la notte e un film di Eisenstein sulla rivoluzione” , “Poi guardavamo con le facce assenti la grazia innaturale di Nijinsky. Era il 1980.

Prospettiva Nevskij è il titolo della canzone, dalla strada che attraversa la città di San Pietroburgo, imitazione degli Champs Elysées; dove Nijinsky è un celebre ballerino; Eisenstein il regista della “Corazzata Potëmkin“; Stravinski il compositore de “L’Uccello di fuoco“. Passaggi di storia nel brano, tra polizia zarista contro i manifestanti rivoluzionari, e poi guardie rosse bolsceviche. Quando con la morte prematura di Lenin, prese il potere Stalin. Il brano continua con “E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire“. Forse un’allusione a George Ivanovitch Gurdjieff, il filosofo e pensatore di origine greco-armena, in Russia a quel tempo.

Filosofi, poeti, profeti, alla sua corte

Ci sono dei mantra, tramandati dal maestro Battiato: dei versi conosciuti quanto la Divina Commedia, o come la filastrocca del girotondo. “Che non mi faccia mai cambiareidèa sulle cose, sulla gente”, il “Centro di gravità permanente” è l’antidoto allo smarrimento, la bussola per ritrovare la rotta. Su “Cuccurucucu“, dalle Alpi alle Ande risponderanno “Palomaaa“; verso tratto dalla canzone messicana, popolare in America latina e in Spagna, dal testo triste. Ma che era conosciuta in Italia per essere uno dei jingle satirici della popolare trasmissione radio “Alto gradimento” di Arbore e Boncompagni. E il maestro siciliano potrebbe averla fatta sua per questo.

Anche Fiorello prendeva in giro “Frangu“, con una vecchia canzone che parlava di non bene identificate cozze bulgare e mitili ungheresi. Ironie ispirate dal testo di “Voglio vederti danzare”: il significato è un uomo che chiede alla donna di ballare per lui, come le danzatrici del ventre nei caffè egiziani. O in un ballo inteso come espressione primaria dell’uomo, esotico e viscerale. Ma gira tutto il mondo, evocando ogni tipo di danza, valzer, liscio o su musiche da jukeboxe. Perché scriveva Nietzsche: “Tra santi e prostitute, tra Dio e mondo: la danza!.

L’ amore secondo Battiato

Ne abbiamo avute di occasioni, perdendole: non rimpiangerle, mai”, perché “La stagione dell’amore” viene e va. E poi ancora le parole più semplici e lineari, tipo mi manchi e senza te non vivo, sono spiegate da Battiato in un “sentimento popolare che nasce da meccaniche divine, un rapimento mistico e sensuale m’imprigiona a te“, versi di “Ti vengo a cercare“. Mentre, sono in molti a pensare che sia dedicata alla madre malata di Alzheimer: una preghiera al contrario, dove l’amore parla all’uomo, e da dentro, dal più profondo, gli chiede protezione, guarigione, bisogno. “Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono”. La cura” è la quintessenza dell’amore. La prima e l’ultima cosa essenziale. Una promessa in quel: “io sì..”.

Federica De Candia per Metropolitan magazine