Michail Afanas’evič Bulgàkov fu uno scrittore ucraino nato a Kiev il 15 Maggio 1891 e morto a Mosca il 10 Marzo 1940. Tra i romanzieri più importanti del XX° secolo, Michail era in realtà un medico mandato subito dopo la laurea, ottenuta presso l’Università di Kiev nel 1916, in terra russa, precisamente nel governatorato di Smolensk, a curare vite umane. Egli, infatti, era l’unico medico presente in quel territorio e contava una cinquantina di pazienti al giorno e numerosi interventi chirurgici da eseguire; il tutto era riportato ne “I racconti di un giovane medico”, il suo primo approccio al mondo della scrittura.

Michail Bulgakov, il medico dal bisturi d’inchiostro: vita e opere

Nel 1921 Bulgàkov si trasferì a Mosca e decise di lasciare il bisturi per la penna. Arrivò senza soldi e lavoro. Svolse numerosi impieghi come quello di attore ambulante, segretario, feuitellonista e reporter. Iniziò a scrivere per diversi giornali, il più importante era il berlinese (in lingua russa) Nakanune. Nel 1924 pubblicò il suo romanzo “La guardia bianca” sulla rivista Rossija e iniziò la stesura della sua versione teatrale. In questo stesso anno divorziò dalla sua prima moglie Tat’jana Nikolaevna Lappa e sposò Ljubov’ Belozerskaja. L’anno successivo scrisse il romanzo breve “Le uova fatali” e uscì anche la prima edizione di “Cuore di cane”, un romanzo fantascientifico e satirico narrante la trasformazione di un cane in un uomo; si tratta della parodia dell’allora regime sovietico che aveva il fine di creare un nuova società dalle fondamenta.

La censura

Quest’ultima opera nonostante gli elogi ricevuti dalla critica letteraria fu censurata dal regime. Il 7 Maggio 1926 lo scrittore ricevette la prima perquisizione in casa della quale rimase profondamente turbato, soprattutto per il sequestro dei suoi diari. La sua era una scrittura ricca di allegorie, costituita da ambientazioni surreali e al limite del grottesco. In “Diavoleide”, “Uova fatali” e “Cuore di cane” sviluppò la critica ai nepmen, ossia i nuovi uomini ricchi e rozzi. La pena che pagò fu l’oblio. Il suo nome dovette aspettare anni per essere inserito accanto a quello di scrittori del calibro di Dostoevskij, Checov, Puskin e Tolstoj. Nel 1930 scrisse una lettera al governo, chiedendo di poter uscire dal paese insieme alla moglie o almeno di poter lavorare in teatro come operaio di scena o comparsa. Stalin in persona rispose che non poteva lasciare la Russia.

Solo nel 1966 fu pubblicato il suo capolavoro “Il maestro e Margherita” che contribuì a riconferirgli la giusta notorietà meritata. Molte delle sue opere furono pubblicate dopo la sua morte e così il suo genio ebbe modo di trovare il suo giusto posto nel mondo della letteratura. Il medico dal bisturi d’inchiostro rimasto imbavagliato dalla dittatura rivelò il suo talento grazie al suo lascito, questo è il valore dei libri, l’eternità.

“Tutto passa. Passano le sofferenze e i dolori, passano il sangue, la fame, la pestilenza. La spada sparirà, le stelle invece resteranno, e ci saranno, le stelle, anche quando dalla terra saranno scomparse le ombre persino dei nostri corpi e delle nostre opere”.

Michail Bulgakov

Le stelle sono l’eternità del cuore rimasto nell’universo terrestre, in una parola, l’Arte.

Giusy Celeste