Bombardato per due volte dall’esercito russo tra ieri sera e la notte scorsa l’impianto chimico Azot a Severodonetsk, dove si sono rifugiati circa 800 civili, 200 dipendenti e circa 600 residenti. Almeno due officine sono state colpite, tra cui una per la produzione di ammoniaca.
Una situazione ad alta pericolosità per la popolazione che, adesso, rischia di rimanere intrappolata sotto il fuoco delle forze di Mosca, esattamente come successo alle acciaieria Azovstal, dove l’evacuazione dei civili è stata possibile solo dopo lunghi negoziati sui corridoi umanitari e al termine di settimane caratterizzate da mancanza di cibo e acqua, situazioni igieniche e sanitarie precarie e l’impossibilità di soccorrere e curare i feriti.
Lo riferisce il capo dell’amministrazione militare regionale del Lugansk Sergiy Gaidai, riportato da Ukrinform, ma non ci sono informazioni sulla sorte dei civili di Azot. Dentro la fabbrica ci sarebbero anche alcune unità militari ucraine che, secondo i combattenti filorussi, sarebbero arretrati in seguito all’assalto dell’esercito di Mosca.
“L’invasione russa dell’Ucraina deve finire. Ma finché ciò non accadrà, abbiamo bisogno di azioni immediate: 1. Dobbiamo portare stabilità ai mercati alimentari ed energetici globali. 2. Abbiamo bisogno di rendere immediatamente disponibili risorse per aiutare i Paesi e le comunità più povere”: lo scrive in un tweet il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.
La Russia ha schierato altri 30 carri armati T-62 a Vasylivka, un villaggio a circa 35 chilometri a sud di Zaporizhzhia (sud): lo ha detto il portavoce del ministero della Difesa ucraino, Oleksandr Motuzianyk, secondo quanto riporta il Kyiv Independent.