La Banca Centrale Europea (BCE) dichiara per la prima volta in oltre dieci anni che alzerà i tassi d’interesse con l’obiettivo di contrastare l’aumento dell’inflazione, e porrà fine al suo principale programma di acquisto di titoli di stato, che era attivo da oltre otto anni.

Le decisioni della BCE costituiscono il più grande cambiamento di politica monetaria europea dell’ultimo decennio

Le decisioni della BCE costituiscono il più grande cambiamento di politica monetaria europea dell’ultimo decennio, e arrivano dopo che negli ultimi mesi varie altre banche centrali, da quella degli Stati Uniti a quella del Regno Unito, avevano deciso di alzare i tassi sempre a causa dell’inflazione.

Tramite un comunicato, la Banca centrale europea ha esplicitamente annunciato che a luglio aumenterà di 25 punti base i tassi di interesse nell’area euro, e poi che intende operare un ulteriore aumento a settembre la cui portata è ancora da decidere. “Dipenderà dalle prospettive di inflazione e se dovessero deteriorarsi o persistere, un aumento più ampio sarà appropriato”, recita un comunicato. In questo modo il Consiglio direttivo, che si tenuto in trasferta ad Amsterdam, apre all’ipotesi di un rialzo da 50 punti base. Luglio segnerà il primo aumento sul costo del danaro nell’area euro da 11 anni a questa parte. Attualmente i tassi d’interesse sono da anni fermi a -0,5 per cento, ma dopo settembre, potrebbero seguire ulteriori aumenti, almeno finché l’inflazione non sarà riportata vicina all’obiettivo del 2 per cento, cosa che secondo la BCE dovrebbe avvenire nel 2024.

Con tassi d’interesse più alti fare investimenti diventa meno conveniente

I tassi d’interesse di cui parliamo sono quelli a cui le banche centrali prestano denaro alle altre banche, in pratica il costo del denaro. Storicamente, l’innalzamento dei tassi è l’arma migliore a disposizione delle banche centrali per mettere l’inflazione sotto controllo, perché aumentando il costo del denaro si riducono i fenomeni che portano a un aumento dei prezzi. L’effetto collaterale dell’aumento dei tassi, tuttavia, è che si rischia un rallentamento complessivo di tutta l’economia.

Semplificando molto, con tassi più alti fare investimenti diventa meno conveniente, e prendersi rischi economici più pericoloso: diventa più costoso chiedere un mutuo per comprare una casa, un prestito per comprare un’auto, o un finanziamento per aprire una nuova impresa. Il risultato è che spesso consumatori e imprenditori rimandano gli investimenti, provocando un rallentamento dell’economia. Se l’attività economica si “raffredda” scende anche l’inflazione, ma il rischio è che un rallentamento troppo forte possa portare alla recessione. Proprio per questo i banchieri centrali hanno un compito particolarmente delicato: devono “raffreddare” l’economia a sufficienza da mettere sotto controllo l’inflazione, ma non troppo. Nel suo comunicato, la BCE ha detto di essere ancora ottimista sulla crescita del PIL della zona euro nei prossimi anni, che prevede sarà del 2,8 per cento nel 2022 nonostante l’aumento dei tassi.

Secondo le stime fatte dalla BCE, l’inflazione annuale nella zona euro sarà del 6,8 per cento nel 2022

L’aumento dei tassi d’interesse era ampiamente atteso ma, come ha scritto il Financial Times, il fatto che la BCE abbia già dichiarato che l’aumento dei tassi di settembre sarà consistente è stato interpretato come un segnale di preoccupazione. Dopo l’annuncio, le borse europee sono calate notevolmente, ed è aumentato lo spread tra i titoli di stato tedeschi e quelli italiani.

Secondo le stime fatte dalla BCE, l’inflazione annuale nella zona euro sarà del 6,8 per cento nel 2022, spinta soprattutto dagli effetti economici dell’invasione russa dell’Ucraina, oltre che da fenomeni preesistenti come la crisi mondiale dei commerci. Oltre all’aumento dei tassi, la BCE ha annunciato che porrà fine al suo principale programma di acquisto di titoli, l’Asset purchase programme (APP), che terminerà il 1° luglio.

Valeria Muratori