Caracas, un poliziotto dissidente, alla guida di un elicottero, lancia quattro granate contro la Corte Suprema, estremamente vicina al Presidente Maduro. Quest’ultimo commenta: “Un atto terroristico e golpistico”
Venezuela, 27 giugno, un elicottero della polizia scientifica sorvola basso su Caracas. A contraddistinguerlo una sprezzante bandiera portante la scritta “Libertà 350”, in riferimento all’articolo costituzionale che autorizza la rivolta contro autorità antidemocratiche. Alla guida Oscar Perez, un agente della Brigata in azioni speciali (BAE) della polizia scientifica. Il tragitto prevede due mete: il ministero degli Interni, con una conferenza stampa in corso, e il Tribunale Supremo di Giustizia. Diversi colpi da fuoco e quattro granate lanciate, ma fortunatamente zero feriti.
Oscar Perez, terminato l’attacco, ha pubblicato un video su Instagram in cui chiede pubblicamente le dimissioni del Presidente Nicolas Maduro. Ha inoltre invitato il popolo venezuelano a unirsi alle forze armate per combattere il governo. Tale manifesto “è firmato da una alleanza di funzionari militari e civili, […] contro questo governo transitorio e criminale”.
Maduro accusa la destra estremista: “Hanno sparato contro il Tribunale supremo: è il tipo di attacco che sto denunciando da tempo”. Aggiunge inoltre che teme siano coinvolti governi stranieri, primi tra tutti gli USA con la CIA.
A seguito dell’incidente, un forte spiegamento militare disposto intorno a Palacio Miraflores, residenza presidenziale. Gruppi paramilitari sono inoltre entrati in Parlamento provocando scontri con deputati e senatori.
Come siamo arrivati fin qui?
Nonostante la brutalità dell’attacco ribelle, diversi sono i fattori che possono aver contribuito a una scelta così radicale.
La giornata di ieri si è aperta con due morti, di cui un manifestante 17enne, per concludersi con l’esautoramento definitivo, da parte del Tribunale Supremo, di Luisa Ortega Diaz, procuratrice Generale e pilastro dell’opposizione governamentale. Quest’ultima aveva testimoniato: “Il Venezuela sta affrontando il peggiore pericolo della sua storia repubblicana». Aveva quindi aggiunto «non è più uno Stato di diritto, è uno Stato di polizia”.
D’altronde si possono ripercorrere passo per passo le tappe che hanno portato alle numerose rivolte dei venezuelani. Già il 29 marzo, una sentenza del Tribunale Supremo, sotto il controllo di Maduro, aveva esautorato dalle sue funzioni il Parlamento. La sentenza venne subito ritirata perché troppo estrema, ma questa innescò comunque la miccia del dissenso.
Si susseguono quindi proteste antigovernative, ma ciò non sembra fermare Maduro. Questi il 1 maggio annuncia la creazione di un’assemblea costituente. Tale proposta non piace all’opposizione, che teme l’imposizione di un regime dittaroiale. Luisa Ortega si dichiara contraria, divenendo figura di riferimento nello schieramento Chavista.
Proprio in nome della Costituzione di Hugo Chavez, la bandiera dallo slogan “Libertà 350” si é librata in volo ieri. Un atto estremo, certo, terroristico, forse, ma di sicuro Perez ha raggiunto il suo scopo: attirare nuovamente l’attenzione sul Venezuela e su chi ha ormai pieni poteri nel paese.