Entra nel vivo la tournée estiva per la Brunori Sas: a pochi giorni dal trionfo milanese del Carroponte, gran successo di pubblico, tocca alla Capitale accogliere la band nell’ampio spazio dell’arena all’aperto dell’Ippodromo delle Capannelle, nell’ambito del festival ‘Postepay Rock in Roma’, solitamente dedicato ai big internazionali, per una notte votato alla miglior canzone italiana.

La serata è fresca e piacevole e il pubblico, presente in un numero stimato di almeno 3-4 mila persone, inizia a confluire nello spazio concerti, attendendo tranquillo il proprio beniamino. L’età è varia, con una media di 25-30 anni e una prevalenza femminile. Il palcoscenico, di grandi dimensioni, offrirà spazio in abbondanza a tutti i musicisti. Gradevoli i giochi di luci, meno l’acustica che spesso lascia a desiderare.

A scaldare la platea, poco dopo le 21:30, pensa Lucio Corsi, cantautore toscano compagno d’etichetta discografica di Brunori. Le sue sono filastrocche surreali cantate in punta di chitarra acustica, apprezzate e applaudite da un uditorio composto, che non si lascia andare alle consuete manifestazioni di ‘insofferenza da gruppo spalla’ riservate inesorabilmente agli artisti cui è affidata l’apertura dei concerti.

Alle 22:15 arriva il momento di Brunori e compagni: uno ad uno, a partire da Dario Della Rossa (pianoforte, synth), Stefano Amato (basso elettrico, violoncello, mandolini), Mirko Onofrio (fiati, percussioni, cori, synth), Massimo Palermo (batteria, percussioni), Lucia Sagretti (violino) e Simona Marrazzo (cori, synth, percussioni), che proprio stasera festeggia con Dario i primi 19 anni di fidanzamento.

Ventidue i pezzi in scaletta per quasi due ore di concerto: com’era logico che fosse, a far la parte del leone sono le canzoni dell’ultimo album, “A Casa tutto Bene” uscito lo scorso gennaio e giunto sino al numero 3 della classifica dei dischi più venduti. Il disco sarà eseguito quasi per intero, a partire dal brano d’apertura della tournée, “la Verità”, di recente insignita della prestigiosa ‘Targa Tenco’ alla miglior canzone originale.

Una grande scommessa era da vincere: far sì che l’umore cupo, cinico che permea quasi ogni angolo dell’ultimo album convivesse in naturale armonia con tutti gli altri brani in scaletta, animati da tutt’altro tipo di ricordi, suggestioni, riflessioni. Ebbene, la sfida risulta vinta: ogni momento del concerto appare ben calibrato, complice una selezione accurata nel comporre la scaletta. Unica eccezione: la cover in salsa pseudo hard-rock di “Back in Black”, vecchio classico degli Ac/Dc, fuori contesto e non necessaria.

Una dopo l’altra sfilano alcune tra le canzoni più mature, ambiziose e consapevoli mai scritte dal cantautore calabrese: “L’uomo in nero”, “Lamezia-Milano”, “La vita liquida”, “Sabato bestiale”, “Don Abbondio”, riportano all’attualità in un dialogo sempre sobrio e diretto con l’ascoltatore. Viene meno l’ironia, l’incanto di alcuni bozzetti di vita privata in virtù di una riflessione più ampia, pubblica e dolente sulle miserie, le confusioni e le contraddizioni che fiaccano troppo spesso il nostro Paese. Per fortuna arrivano anche storie d’amore come “Diego e io” a dare speranza, conforto, raccontando amori capaci di ingannare anche il Fato.

Non mancano comunque, per la gioia di tutti, le riprese di quasi tutti i pezzi forti: “Come stai” e “Italian Dandy” dal primo album; “Lei, lui, Firenze” (con un nuovo, suggestivo arrangiamento giocato in sottrazione d’elementi) e la sempre coinvolgente “Rosa” dal secondo disco; infine gli estratti più azzeccati e riusciti dal “Cammino di Santiago in Taxi” e cioè “Kurt Cobain”, “Arrivederci tristezza”, “Le quattro volte” e “Pornoromanzo”, tutte ugualmente amate e cantate dai ragazzi/e sotto il palco.

Interessante la scelta, per il bis, di riproporre in chiave confidenziale/intimista “La Verità”, qui affidata alla sola voce e piano elettrico, con contorno di cori da parte del pubblico. Il brano piace e convince anche in questa veste, cucita su misura anche per “Guardia ‘82”, ormai assunta a ruolo di “Albachiara” nella catarsi concertistica brunoriana e qui, appunto, convincente anche senza l’originario pathos.
Che, immancabile, torna in versione ‘full band’ in “Canzone contro la paura”, sublime gioco di confessioni tra l’autore e i fruitori della sua opera. “Secondo me” chiude un set più che generoso.

Gran bella serata: la band, dopo quasi dieci anni di concerti nella medesima formazione (ormai ‘classica’, potremmo dire) si trova sempre a meraviglia, così come brilla l’umorismo del Nostro, che non esita ad inframezzare e alleggerire con battute alcuni momenti viceversa lirici, densi di profondo significato. Ma non guasta, anzi: il pubblico sembra decisamente apprezzare, ride e quando arriva il momento canta a squarciagola, oppure resta in silenzio partecipe e quasi si commuove, in idilliaca sintonia con le mille sfumature, le curve improvvise, gli scenari dolci-amari tratteggiati dalla penna felice di Dario Brunori, oggi più che mai cantautore di prima fila della scena italiana.

Ariel Bertoldo