Carcere convalidato per la direttrice di Amnesty International in Turchia, Idil Eser, e 6 dei 10 attivisti fermati quasi due settimane fa durante un seminario.

Restano in carcere anche 2 formatori stranieri, un tedesco e uno svedese. I 4 attivisti rilasciati restano indagati per lo stesso reato. Avranno l’obbligo di firma e un divieto di espatrio. Amnesty ha definito la decisione come “un colpo tremendo per i diritti in Turchia“.

Secondo le accuse rivoltele, Idil Eser attraverso il suo lavoro per Amnesty International avrebbe legami con tre organizzazioni terroristiche diverse tra loro.

La richiesta della procura di rimandarla in detenzione preventiva fa riferimento a due campagne di Amnesty International, non promosse dalla sezione turca dell’associazione. E una delle quali svolta prima che Idil Eser entrasse a far parte di Amnesty International Turchia.

Idil Eser, direttrice di Amnesty International in Turchia (Fonte: left.it)

Secondo Amnesty, anche gli attivisti sono sospettati di legami con “organizzazioni terroristiche non collegate e opposte”. Tra cui la presunta rete golpista di Fethullah Gulen e il Pkk curdo.

Nei giorni scorsi, il caso fu commentato direttamente dal presidente Recep Tayyip Erdogan, secondo cui il loro meeting, interrotto da una retata della polizia sull’isola al largo di Istanbul, era una cospirazione.

Non è un’indagine legittima. È una caccia alle streghe motivata politicamente. E traccia un futuro spaventoso per i diritti in Turchia. Oggi abbiamo appreso che difendere i diritti umani è un crimine in questo paese” ha detto il direttore generale di Amnesty, Salil Shetty.

La procura turca ha avuto 12 giorni a disposizione per riconoscere l’ovvia innocenza dei 10 difensori dei diritti umani. La decisione di incriminarli dimostra che in Turchia la verità e la giustizia sono diventate delle perfette sconosciute” ha, inoltre, dichiarato Shetty.

Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International (Fonte: www.internationalwebpost.org)

Nessuno degli arrestati aveva avuto il permesso di contattare la propria famiglia dal carcere. O di vedere un avvocato. E nessuno aveva idea di quale fosse il carcere in cui erano detenuti.

Idil Eser e gli altri non stavano facendo niente di sbagliato. Questo tipo di attacco contro i difensori dei diritti umani sta diventando sempre più frequente in Turchia. E rendono questo paese un luogo pericoloso per le persone che parlano per i diritti umani.

Patrizia Cicconi