Il massiccio Dave Bautista interpreta Leonard, un uomo che annuncia l’Apocalisse a una famiglia ignara. Dal 2 febbraio 2023 al cinema “Bussano alla porta“, il thriller horror di M. Night Shyamalan: la notte che fa paura nel nome, e il solito modo di terrorizzare il pubblico in sala. Tra ossessioni pseudoreligiose, il degrado del pianeta e il senso di fine opprimente a cui non ci si può sottrarre. Cosa può scongiurare la paura più nera se non l’amore?
L’horror che parla d’amore
M. Night Shyamalan (pseudonimo di Manoj Nelliyattu Shyamalan), ha una costante predilezione per i temi apocalittici e mistici. Regista americano di 52 anni, nel volto i tratti distinguibili delle sue origini indiane. Ne aveva 29 di anni, quando con “Il sesto senso” (1999) si candidò a ben sei Oscar: con Bruce Willis e Haley Joel Osment, rispettivamente nei ruoli di uno psicologo infantile e di un bambino che può vedere le persone morte. Trionfa anche con “Signs” (2002) in cui restituisce la fede al pastore Mel Gibson, insieme a Joaquin Phoenix, mentre gli alieni fanno segni circolari sul grano, e metteno in pericolo la Terra. Nel 2008 è la volta di “E venne il giorno“, che racconta il manifestarsi di strani comportamenti da parte dei cittadini di New York e una serie di suicidi inspiegabili. In “After Earth” (2013), con Jaden e Will Smith, il genere umano è costretto ad abbandonare il proprio pianeta, ormai distrutto, per provare a vivere su Nova Prime.
“Bussano alla porta” (“Knock at the Cabin“), è tratto dal premiato romanzo di Paul G. Tremblay del 2018 “The Cabin at the End of the World” (definito dallo scrittore Stephen King “stimolante e terrificante“). In questo film il regista gioca con la paura, la fa nascere da scene semplici, quasi stereotipi: come la quotidiana tranquillità disturbata dall’arrivo di un omone a mani nude dal bosco. E si muovono meccanismi di terrore, come in una bomba a orologeria, innescati dalla trama più scontata. Alla porta dello chalet di Andrew (Jonathan Groff) e Eric (Ben Aldridge), una coppia gay con la loro figlia adottiva Wen (Kristen Cui), si presentano quattro sconosciuti. Passi felpati, ma decisi. Con in mano armi rudimentali: catene di ferro che culminano in una mazzetta, ciondolano ferri tipo zoccoli equini, e picconi appuntiti come rubati al fuoco di un vecchio maniscalco. Dicono cose apparentemente prive di senno, e per nulla confortanti. Dopo essere entrati con la forza, chiedono alla famiglia di compiere una scelta estrema. Un ultimo, immane sacrificio, resta l’unico modo per evitare la sventura imminente. Loro devono scegliere.
Il cuore pulsante di Shyamalan
“Quando il libro mi è stato proposto, ho sentito con forza che la storia non poteva andare come era stata scritta. Non può andare in quel modo per me, ho i miei sentimenti al riguardo“, ha detto Shyamalan. Deciso a portare avanti le proprie idee: “Non chiamerò il film allo stesso modo, i fan del libro possono avere solo quello, poi qui c’è un artista diverso, che lo interpreta in modo diverso“. Il regista, si è assicurato che Tremblay fosse informato delle sue intenzioni, e gli ha telefonato personalmente, per poi scoprire che il finale alternativo che aveva in mente, era stato preso in considerazione già dal romanziere. “Quello che rimane alla fine del film deve raccontarti qualcosa di quello che hai visto. Quando chiudi la storia devi consegnare al pubblico le chiavi sul come interpretare tutto quello che hanno appena visto“, secondo l’idea appassionata di mister Night. Che mescola sapientemente temi seri come l’omofobia, velato pretesto dell’accanimento che ‘bussa alla porta’, e l’amore egualitario di una famiglia gay.
Il regista ha raccontato che l’attore ex-wrestler, Dave Bautista “un gigante innocente” come ama chiamarlo, gli ha scritto una lettera, quasi da fan ingenuo, per proporsi in un suo film. “Gli ho risposto: sai che c’è, incontriamoci! Parliamo. E a quel punto, Dio mio, ho realizzato che era esattamente il protagonista. È proprio Leonard! È stupefacente. Ed è il modo di essere di Dave, in questo momento della sua vita, sui cinquanta, a renderlo perfetto per questo lavoro“. Lo sguardo che non perdona, retto da due spalle corpulente, e vagamente l’aria da bambinone. Promette vendetta nella parte di questo Hulk in camicia di “Bussano alla porta“, ma è pronto a sciogliersi in una tenera stretta di mano alla piccola di casa, a cui si presenta per primo. “Mi hanno spezzato il cuore“, le dirà per giustificare la sua immonda cattiveria. A Dave si aggiungono nel cast Rupert Grint l’ex Ron di Harry Potter, che interpreta Redmond il più pericoloso del gruppo, che ha già lavorato con Shyamalan in “Servant” ; Nikki Amuka-Bird nel ruolo di Adriane, e Abby Quinn che fa Sabrina. “Questo cast è il sogno di ogni regista, avere talenti con la giusta forma mentis e pronti a rendersi vulnerabili”, parola di Shyamalan.
Vi vedo seduti in sala
“C’è davvero un messaggio importante dietro al film. Quello cioè che attraverso l’amore e il sacrificio possiamo salvare il mondo. So che può suonare sciocco e banale per alcune persone quando lo sentono dire in questo contesto ma quando ci si sofferma, ci si rende conto che è un racconto molto ottimista. Io stesso sono ottimista e sono sicuro che il mondo cambierà in meglio e che le persone avranno la mente più aperta rispetto a come debbano essere famiglia e amore. Per me è personale: non vengo da una famiglia tradizionale e questo è un altro motivo che mi ha fatto innamorare della sceneggiatura“. Dave Bautista si rivela gigante buono ai microfoni, spogliati i panni di creatura terrificante. D’accordo con il regista che ha un intento preciso del film: “Mostro la luce nell’oscurità“, e si raccomanda: “Vorrei che ‘Bussano alla porta’ non fosse visto su un iPad mentre vai sul tapis roulant (un’abitudine che hanno molti, a quanto pare).. Voglio essere estremamente chiaro; il pubblico muore dalla voglia di andare al cinema per vedere dei bei film…”. È la furbizia del buio della sala, che fa correre la paura veloce più del rullo.
Sebbene “Bussano alla porta” abbia ottenuto un rating Rated R, dunque è vietato ai minori, Shyamalan ha volutamente evitato scene di violenza estrema, spiegando la scelta: “Dato che nei miei film faccio un mix di molti generi, devo trovare il modo di bilanciarli in modo che i sapori non si annullino a vicenda. Voglio coinvolgere tutti, dai quattordicenni che vorrebbero più sangue alle donne più grandi che sono contro la violenza esplicita. Per me la risposta davvero divertente è che usando la loro immaginazione il film diventa più violento“.
Il trucco dell’immaginazione
Da maestro del brivido, Night Shyamalan non risparmia di raccontare i segreti del mestiere. Chiamando in causa ancestrali, subdole paure, che annidano la mente umana. Non servono fantocci insanguinati, fiumi di porpora rosso sangue da far sgorgare sul set. Il trucco c’è ma non si vede, perché è nella nostra mente. “Quando faccio una panoramica o cerco di mostrarvi qualcosa, la vostra mente fa il resto. Si rendono conto che la loro mente sta lavorando e sta creando questa immagine orribile e così ottengono la soddisfazione dell’adrenalina che arriva. Le donne più anziane, invece, sentono la sicurezza di poter ridurre l’immagine di violenza se decidono di farlo. C’è un gioco di equilibri in tutto, l’umorismo, quanto umorismo trarne, il dramma, la violenza, tutto questo“.
Federica De Candia Seguici su Google News