L’omicidio di Thomas Bricca, un delitto tanto crudele quanto insensato, ha portato all’attenzione di tutta l’Italia per qualche giorno la cittadina di Alatri. Cronisti e televisioni si sono precipitati nel basso Lazio, portando in tutte le case le immagini di un paese sconvolto dalla morte brutale di uno dei suoi figli.
Ma se solo per un attimo, quegli stessi cronisti e quelle stesse telecamere, avessero provato ad interrogarsi su come si sia potuti arrivare a questo punto, che risposte si sarebbero dati?
Alatri è il paese più grande di questo angolo della provincia di Frosinone. Intorno ad esso gravitano paesi e contrade, frazioni e vallate che da esso dipendono per i servizi principali. Scuole, ospedale, uffici, negozi. Vicino al capoluogo, eppure apparentemente tranquillo, non caotico.
La sua apparente tranquillità sarebbe dovuta, in realtà, alla paura. Un clima di paura che avvolge Alatri come una cappa impenetrabile, un circolo vizioso che alimenta la violenza ed aumenta la paura dei residenti, in un loop infinito e difficile da spezzare.
“Si, abbiamo paura di uscire la sera. Il centro storico di Alatri è un posto poco raccomandabile quando cala il buio”. Secondo quanto raccontano i residenti, Alatri negli ultimi anni è radicalmente cambiata dal punto di vista della convivenza sociale. In peggio.
“Per i ragazzi non ci sono grandi prospettive di lavoro qui” è la frase che spiega meglio di tutte il mix di rassegnazione e omertà che ammanta le mura ciclopiche del paese. La mancanza di prospettive future, unita all’illusoria prospettiva di guadagni facili (senza tralasciare il fascino esercitato da certi modelli criminali) spinge numerosi ragazzi verso una china pericolosa, fatta di spaccio, furti, aggressioni, violenza.
Ad Alatri, secondo fonti investigative confidenziali, si stima che le varie gang di ragazzi (di età compresa tra i 16 e i 20 anni) che si contendono il controllo del territorio e dello spaccio possano contare su circa duecento membri totali.
“È da quando è stato aggredito e ucciso quel ragazzo nel 2017, Emanuele Morganti, che è andata sempre peggio” dice un residente del centro storico. “Era nell’aria che prima o poi qualcosa di grave sarebbe successa di nuovo. Era solo questione di tempo”. Nel corso dell’ultimo anno si è perso il conto delle risse e delle spedizioni punitive avvenute tra i vicoli, nelle quali si sono fronteggiati a suon di pugni e sprangate le varie bande di ragazzi.
La morte di Thomas Bricca – con ogni probabilità dovuta ad uno scambio di persona e frutto di un avvertimento degenerato in tragedia – ha alzato ulteriormente il livello dello scontro. “È ora che questi la smettano, ci facciamo vendetta da soli. Procuratevi un ferro”. Queste le parole pronunciate da uno degli amici del ragazzo ucciso al momento del loro arrivo al pronto soccorso di Alatri e riportate dall’AGI.
In un contesto del genere è difficile poi non vedere l’influenza esterna. La catena è lunga e parte da lontano, dai clan di Camorra del casertano, a cui seguono i concorrenti/alleati italo-albanesi in gran parte residenti al Casermone di Viale Spagna a Frosinone, per finire poi con l’ultimo anello della catena, le bande di ragazzi che si contendono la piazza di Alatri.
Secondo l’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia, particolarmente forte nell’area del frusinate sarebbe l’influenza del clan camorristico dei Belforte di Marcianise. Ma non sarebbe il solo. Infatti, oltre ai Belforte, personaggi legati ai casalesi e ai clan napoletani Licciardi, Di Lauro, Mazzarella e Misso avrebbero messo gli occhi su queste aree, intravedendo ampie possibilità di riciclaggio di denaro attraverso la gestione dei locali di gioco, sale slot, bingo e scommesse sportive, oltre al sempre redditizio traffico di droga.
Tuttavia, in questo angolo d’Italia, anche la camorra è stata costretta a scendere a patti con gli agguerriti clan locali dei Di Silvio e degli Spada, dediti anch’essi al traffico di stupefacenti come attività principale – seguito dalle estorsioni e dall’usura – e imparentati con gli omonimi clan attivi rispettivamente a Latina e Ostia.
Questi, attraverso il sistematico ricorso alla violenza, fanno sentire tutto il proprio peso criminale nell’intera provincia di Frosinone. Spedizioni punitive, pestaggi, minacce, omicidi efferati: questi i modi utilizzati dai clan per tenere saldamente in pugno il proprio territorio.
A dimostrazione dei legami e delle forme di convivenza fra mafie tradizionali e autoctone
si evidenzia l’omicidio il 9 ottobre 2021 in zona Secondigliano (NA) di un giovane noto per
diversi precedenti di polizia e ritenuto essere vicino al clan Di Lauro, attinto da alcuni colpi
di arma da fuoco. A seguito del grave episodio giungeva sul luogo il fratello della vittima, un
trentunenne già colpito in precedenza da una misura cautelare emessa dal GIP del Tribunale
di Frosinone in relazione anche a collegamenti con i clan Spada e La Monica.
(Dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento)
Si ritorna così ad Alatri, dove le varie gang di ragazzi si contendono il controllo della piazza di spaccio della zona, sotto lo sguardo attento dei clan locali e forestieri, che qui hanno ormai messo salde radici. Tuttavia, stavolta qualcosa non ha funzionato come doveva: esaminando la dinamica del conflitto a fuoco, prende sempre più forza l’ipotesi che gli spari non dovessero uccidere, bensì lanciare un avvertimento. Inoltre, a sostegno di questa ipotesi, si può portare la posizione dell’assassino rispetto al suo bersaglio eventuale: ribassata di alcuni metri, con un ostacolo ingombrante lungo la linea di tiro (la ringhiera) e con il bersaglio in semioscurità. Questi elementi farebbero propendere non per un assassino professionista, bensì una persona non avvezza all’uso delle armi da fuoco e dell’omicidio.
“Quello che noi vorremmo è un maggiore controllo del territorio. Dopo le 20 non c’è nemmeno una pattuglia che si faccia un giro per il centro di Alatri, nessuno”. Questo il grido di allarme lanciato dai residenti, mentre il sindaco del paese, proprio la mattina dell’omicidio, aveva chiesto al comando dei Carabinieri di Alatri di implementare i controlli alla luce delle ultime risse avvenute in paese proprio nel fine settimana immediatamente trascorso.
Il prefetto di Frosinone, all’indomani della tragedia, ha disposto un’intensificazione dei controlli sul territorio di Alatri. Ma, così, più che un segnale di forza sembra piuttosto una risposta tardiva ad un problema che era già ben presente sul territorio, e che forse si è colpevolmente trascurato.
“La gente urla quando vede il sangue. Ma, quando il sangue è versato, la tragedia è ormai compiuta” (Yukio Mishima, La pagoda d’oro)