In occasione del 150 esimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello, uno spettacolo su l’ultimo romanzo dell’autore di Girgenti, quello che riesce a sintetizzare il pensiero dell’autore nel modo più completo.
Un percorso inaugurato nel 1991 con la riapertura della storica Arena Esedra, tanto cara ad Ennio Flaiano, che negli anni ha permesso di raccogliere in un progetto organico le molte sale all’aperto capitoline, un fenomeno invidiato a Londra come a Parigi.
Oggi, l’arena estiva torna in qualche modo alle sue origini: non solo cinema, ma palcoscenico all’aperto calcato da artisti straordinari come il grande Aldo Fabrizi che proprio all’insegna del Teatro-Cinema inaugurava il 7 agosto 1939 la stagione estiva, coniugando l’avanspettacolo con la settima arte nell’Arena Esedra frequentata assiduamente da suoi giovani fan del calibro di Fellini, De Seta, Maccari. Proprio come avveniva in quegli anni, lo spettacolo anche ad Agosto non va in vacanza, romani di nascita, di adozione e di passaggio avranno infatti la possibilità di godere e interagire con una programmazione di qualità tutta da vivere nelle suggestive atmosfere della Città eterna. Come delle moderne agorà, le sale en plein air del Network Arene di Roma divengono luoghi in cui le diverse espressioni delle arti contemporanee si contaminano, all’insegna della multidisciplinarietà e della cultura partecipata.
“ Siamo finalmente riusciti a realizzare l’ambizioso progetto di offrire ogni sera uno spettacolo teatrale solo grazie alle energie, all’entusiasmo ed alle grandi capacità di Alessandra Pizzi, artefice e protagonista di questa straordinaria edizione che proporrà un’estate di grande spettacolo sotto le stelle” sottolinea Massimo Gazzè, presidente del network che raccoglie il maggior numero di schermi all’aperto dell’estate capitolina e che in occasione del 150esimo anniversario della sua nascita, renderà omaggio a Luigi Pirandello. Dal centro della Città, alla periferia le Arene di Roma proporranno “Uno nessuno centomila” , magistralmente interpretato da Enrico Lo Verso, nella riscrittura di Alessandra Pizzi. “ Avrei voluto che Pirandello fosse vivo – spiega la regista Pizzi – per mostrargli la grandezza della sua parola, la contemporaneità di un messaggio, più attuale oggi a cento anni dalla sua formulazione, il bisogno impellente, necessario, autentico del pubblico di approvvigionarsi della conoscenza di sé, di leggere per provare a decodificare quei segni della quotidianità come codici di accesso ai meandri delle proprie emozioni ”.
L’omaggio a Luigi Pirandello, attraverso l’adattamento teatrale del più celebre dei suoi romanzi: la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire da un dettaglio, minimo insignificante. Il pretesto è un appunto, un’osservazione banale che viene dall’esterno. I dubbi di un’esistenza si dipanano intorno ad un particolare fisico. Le cento maschere della quotidianità, lasciano il posto alla ricerca del SÉ autentico, vero, profondo. L’ironia della scrittura rende la situazione paradossale, grottesca, accentua gli equivoci. La vita si apre come in un gioco di scatole cinesi, e nel fondo è l’essenza: abbandonare i centomila, per cercare l’uno, a volte può significare fare i conti con il nessuno. Ma forse è un prezzo che conviene pagare, pur di assaporare la vita.
Avrei voluto che Pirandello fosse vivo, per mostrargli la grandezza della sua parola, la contemporaneità di un messaggio, più attale oggi a 100 anni dalla sua formulazione, il bisogno impellente, necessario, autentico del pubblico di approvvigionarsi della conoscenza di sé, di leggere per provare a decodificare quei segni della quotidianità come codici di accesso ai meandri delle proprie emozioni. Mi chiedo ogni sera, osservando il pubblico che, immobile, assiste allo spettacolo, se Pirandello fosse veramente consapevole delle conseguenze che la portata della forza tumultuosa, di quella giustapposizione di pensieri, di quella serie, interminabile, di quesiti, della ricerca smaniosa di risposte, avrebbero potuto produrre sul pubblico. O se, come spesso accade, il risultato abbia superato le intenzioni. Di certo nel suo pensiero e nella sua opera c’è la consegna al mondo del fardello della conoscenza, che è peso per la presa in carica di sé stessi, ma anche leggerezza per la scoperta meravigliosa di quella bellezza che ad ognuno la vita riserva. Uno, nessuno e centomila è il romanzo chiave: non in quanto apoteosi o summa del pensiero, ma quanto incipit per un’analisi introspettiva e macroscopica sulle dinamiche esistenziali, ma anche socio culturali della società. Uno, nessuno e centomila “apre”, la mente a riflessioni e a dubbi, il cuore alla ricerca della propria essenza, ma soprattutto apre alla vita, affinché scelga la forma migliore con cui rappresentare l’individuo. Ho raccolto l’eredità di questo pensiero, più per dovere che per amore per l’arte. Il dovere di chi fa questo lavoro e che è chiamato ad interpretare strumenti di conoscenza, inventando specifici e linguaggi in modo da renderli accessibili a tutti. Ecco che UNO NESSUNO CENTOMILA, nel riadattamento del testo reso in forma di monologo, che ho voluto dargli diventa il presupposto per un teatro che “informa”, che supera la funzione dell’intrattenimento e diventa pretesto, occasione, spunto per la conoscenza. E in questo sta il dovere di un drammaturgo, nel trovare un codice per offrire al pubblico l’occasione per superare sé stesso. Poco importa se il pretesto sia una sera a teatro, del resto, Pirandello stesso ci insegna che il pretesto è pur sempre una banalità. Ecco che la messa in scena di UNO NESSUNO CENTOMILA, segna il ritorno dopo 10 anni in teatro di Enrico Lo Verso. Una seduta psicoterapeutica affidata alla sua magistrale bravura; tutti ne sono attratti, ma in pochi sono consapevoli degli scenari che possono profilarsi. Ecco che 70 minuti sono il tempo necessario ad affondare le mani nella propria mente, ricercare come in un dejà vu, gli elementi già noti, riconoscerli e iniziare a guardarli con una luce nuova. Ecco che lo spettacolo rompe gli schemi, toccando uno dopo l’altro i conflitti di un’esistenza: il rapporto con i genitori, i dubbi sulla provenienza, il rapporto dei generi, la ricerca dell’identità ed, in fine, l’affermazione di sé. Ecco che il pubblico si nutre di testo, in silenzio elabora, applaude e, ogni sera, ci chiede di farlo ancora… Alessandra Pizzi
Pirandello stesso, in una lettera autobiografica, lo definisce come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita. “Uno, nessuno e centomila” è un’opera di lunga elaborazione, di assidua stesura, che accompagna, o per meglio dire informa di sé, il resto della produzione pirandelliana. Da qui l’idea di una nuova e originale messa in scena, che possa ricercare nuovi specifici per lo spettacolo ma, soprattutto, sappia ridisegnare il rapporto, all’interno dello spazio scenico tra la parola e gesto. Un unico testo narrativo, per interpretazione sempre diverse affidate al racconto di Enrico Lo Verso, che mette in scena un contemporaneo Vitangelo Moscarda, l’uomo “senza tempo”. Un’interpretazione naturalistica, immediata, “schietta”, volta a sottolineare la contemporaneità di un messaggio universale, univoco, perenne: la ricerca della propria essenza, dentro la giungla quotidiana di omologazioni. La voglia di arrivare infondo ed assaporare la vita, quella autentica, oltre le imposizioni sociali dei ruoli. La paura di essere soli, fuori dal grido sociale della massa. Ed infine, il piacere unico, impagabile della scoperta del proprio “uno”: autentico, vero, necessario. Il Vitangelo Moscarda interpretato da Lo Verso diventa uomo di oggi, di ieri, di domani. Ed il testo diventa critica di una società che oggi, come cento anni fa (quando il testo fu concepito), tende alla partecipazione di massa a svantaggio della specificità dell’individuo. Ma la sua è una critica volta ad un finale positivo, la scoperta per ognuno di essere stessi, dentro la propria bellezza. L’interpretazione, non manca di ironia e sagacia, ricca com’è di inflessioni e note di colore tipiche siciliane, tanto care all’autore del testo, al personaggio e all’attore che lo interpreta. Una messa in scena mutevole in ogni contesto, nel rapporto empatico con il luogo e con chi ascolta e che dà forma ad un personaggio, che è uno, centomila o nessuno, tutti per la prima volta affidati al racconto di una voce.
Lo spettacolo ha debuttato il 29 luglio del 2016, e ha realizzato oltre 70 repliche, registrando nei prestigiosi teatri e festival italiani e internazionali (Teatro Comunale di Siracusa, Teatro Pirandello di Agrigento, Teatro Gobetti Pirandello Festival Torino, Teatro Sala Umberto Roma, Teatro Mercadante Altamura, Teatro Abeliano Bari, Istituto di Cultura Italiana a Pechino, Teatro Comunale Corato, etc..) quasi ovunque il sold out. Il successo di critica e pubblico (specie giovanile) ha portato all’ambito riconoscimento del Premio Franco Enriquez 2017.
La cerimonia di consegna si svolgerà il 5 agosto a Sirolo. Lo spettacolo inaugurerà il programma di Teatro del Circuito delle Arene Romane, con una tournèe farà tappa nelle Arene della Capitale nei mesi di Luglio ed agosto. Prima recita 27 luglio, presso la Biblotechina dell’EUR.