Le elezioni generali in Turchia del 2023 si svolgeranno il 14 maggio per il rinnovo della Presidenza della Repubblica e della Grande Assemblea Nazionale Turca, il parlamento del paese. Il 14 maggio il presidente Erdoğan metterà in gioco il suo governo ventennale nella sfida contro il candidato dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu in elezioni che hanno assunto un peso storico per la Turchia.

Erdoğan ha costruito il suo potere in 20 anni, ma è dato in leggero svantaggio dai sondaggi, e potrebbe perfino perdere queste elezioni, Un’economia in difficoltà e una lenta risposta al terremoto di pochi mesi fa si sommano a un’elezione difficile per il presidente, che ha dominato la politica turca negli ultimi decenni.

I turchi eleggeranno sia un presidente che un parlamento per un mandato di cinque anni.

Per vincere la presidenza al primo turno, un candidato deve ottenere più del 50% dei voti espressi. Se nessun candidato ottiene più della metà dei voti, il 28 maggio si terrà un ballottaggio tra i due principali candidati. Ma non sono solo Erdoğan e Kılıçdaroğlu a concorrere.

Il Presidente Erdoğan

Iniziamo con Lui, il presidente in carica: con il suo partito della giustizia e del progresso (AKP) a governare, egli spera di estendere il suo mandato come governante più longevo della Turchia moderna. Ha vinto al primo turno nel 2018 con il 52,6% dei voti. I sondaggi attualmente mostrano un supporto di circa il 44-45%.

Erdoğan, 69 anni, è salito al potere 20 anni fa, quando la Turchia stava emergendo da un periodo di inflazione dilagante, promettendo un governo solido e pulito dopo che la coalizione dell’epoca era stata accusata di cattiva gestione. Al culmine del suo successo, la Turchia ha goduto di un lungo boom economico con un miglioramento del tenore di vita dei suoi 85 milioni di persone. L’estensione dell’urbanizzazione e dello sviluppo tecnologico però non ha portato a tutti gli abitanti il livello di benessere e uguaglianza sociale sperato, e la Turchia presenta ancora molteplici problematiche sotto diversi punti di vista. Paradosso del destino, la situazione attuale è quasi identica a quella di vent’anni fa,, che lo fece emergere come leader capace e carismatico.

Durante la campagna elettorale, Erdoğan ha cercato di influenzare gli elettori promuovendo grandi progetti infrastrutturali e di costruzione, mettendo in mostra i successi industriali della Turchia (tra cui la prima centrale nucleare della storia del paese) e avvertendo del caos di governo in caso di vittoria dell’opposizione. La sua campagna di comunicazione oscilla tra promesse e ricatti: ha aumentato i sussidi del 45% minacciando che questi aumenti spariranno dopo le elezioni, in caso di sconfitta.

Il leader più longevo della Turchia è un personaggio controverso: non è soltanto colui che ha ottenuto più di una dozzina di vittorie elettorali. Erdoğan, per quanto cerchi di dissimularlo, non è esente dal dissenso del popolo e di altre istituzioni (in particolare l’esercito): infatti, ha dovuto affrontare le manifestazioni di piazza di Gezy Park del 2013, ed è sopravvissuto a un tentativo di colpo di stato nel 2016. Erdoğan è anche responsabile dell’arresto (tre settimane fa) di 120 sospetti terroristi affiliati al PKK, personaggi di riferimento dell’opposizione come giornalisti, avvocati, amministratori. Diverse procure in tutto il Paese hanno emesso almeno 766 mandati d’arresto.

Ha plasmato il paese secondo la sua visione politica, predicando una società pia e conservatrice. Un attore politico assertivo, che ha usato più volte il potere giudiziario e quello esecutivo per reprimere il dissenso interno. In campo internazionale, la sua posizione ambigua di mediatore tra Russia e Ucraina, in quanto membro della NATO, ha suscitato numerosi sospetti di doppiogiochismo e accuse di scarsa affidabilità.

Kemal Kılıçdaroğlu: il principale avversario

Si tratta di colui che, tra tutti i possibili rivali, può mettere Erdoğan in seria difficoltà. Kılıçdaroğlu è il candidato presidenziale congiunto della principale alleanza di opposizione, formata da sei partiti. È presidente del Partito popolare repubblicano (CHP), fondato da Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Turchia moderna (ne parlo in un articolo sulla città di Istanbul qui), e ha sempre cercato di espandere la sua base elettorale verso i conservatori, pur mantenendo la sua forte impronta laica di riferimento.

I sondaggi mostrano che il suo sostegno è vicino alla soglia critica del 50%. Infatti Kılıçdaroğlu, 74 anni, rappresenta la principale opposizione: è stato designato a marzo come candidato alla presidenza dell’alleanza di opposizione. A lungo bloccato all’ombra di Erdoğan, non è riuscito a colmare il divario con l’AKP nelle elezioni parlamentari da quando ha preso le redini del CHP di centrosinistra nel 2010.

Ha assunto un tono inclusivo cercando di attrarre elettori disillusi dalla retorica e dalla percepita cattiva gestione economica di Erdoğan, promettendo prosperità economica e un maggiore rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. Numerosi paesi europei, e la stessa Bruxelles, sperano in una sua vittoria, che porterebbe anche a riavviare i negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione.

Sinan Ogan: tra nazionalismo e scarse speranze di vittoria

Ogan era un ex legislatore del Partito del movimento nazionalista (MHP), un alleato del partito AKP di Erdoğan.

I sondaggi attualmente lo mostrano molto indietro e, detto francamente, Sinan Ogan ha poche prospettive di vittoria. Si tratta di un personaggio controverso: ex accademico, ha fondato il think-tank TURKSAM. Ogan è entrato in parlamento nel 2011 con l’MHP di estrema destra. Ha lanciato un’offerta senza successo per la leadership dell’MHP nel 2015 ed è stato successivamente espulso dal partito.

Ma la Turchia ha molti partiti politici che si sono uniti in diverse alleanze elettorali. Le principali sono:

L’Alleanza Popolare

L’Alleanza popolare è stata costituita prima delle elezioni del 2018 dall’AKP di Erdoğan e dall’MHP, e ha vinto sia il voto presidenziale che quello parlamentare.

Il leader ultra-nazionalista Devlet Bahceli, 75 anni, ha aiutato Erdoğan a mantenere il potere dopo aver sostenuto il suo tentativo di passare a una presidenza esecutiva in un referendum del 2017.

In precedenza convinto oppositore di Erdoğan, il Partito del movimento nazionalista (MHP) di Bahceli ha iniziato a lavorare con il presidente e il suo AKP dopo il fallito colpo di stato del 2016. L’odio per il PKK curdo e una linea dura contro i partiti filo-curdi costituisce una parte fondamentale del discorso politico di Bahceli.

L’Alleanza Nazionale

Il principale blocco di opposizione, la Nation Alliance, sostiene Kilicdaroglu come presidente. Formato prima delle elezioni del 2018, inizialmente comprendeva:

  • il CHP
  • il partito IYI di centrodestra
  • il partito islamista Felicity (Saadet)
  • il Partito Democratico (DP).

Interessante individuare la figura dell’ex ministra degli interni Meral Aksener, 66 anni, alla guida del secondo partito dell’alleanza di opposizione: il centrista e nazionalista IYI. È diventata più importante dal 2016, anno in cui è stata espulsa dall’MHP dopo aver lanciato un’offerta infruttuosa per estromettere Bahceli. Fa appello agli elettori conservatori e a quelli disincantati dall’alleanza dell’MHP con l’AKP.

Nelle elezioni municipali del 2019 l’Alleanza ha scioccato Erdoğan sconfiggendo i candidati sindaco dell’AKP ad Ankara e Istanbul, un incarico che Erdoğan ha ricoperto negli anni ’90 e che il suo AKP aveva controllato per quasi due decenni.

All’alleanza si sono successivamente uniti due partiti fondati da ex alleati di Erdoğan:

  • il Partito Deva (Rimedio) formato da Ali Babacan, che ha lasciato l’AKP per divergenze sulla sua direzione
  • il Partito di Ahmet Davutoglu, ex primo ministro che fu anche membro dell’AKP un tempo

Babacan, 55 anni, è un ex vice primo ministro ed ex stretto alleato di Erdoğan che ha lasciato l’AKP nel 2019 per divergenze sulla sua direzione. Ha formato il Deva e ha sollecitato riforme per rafforzare lo stato di diritto e la democrazia. Ex ministro dell’economia e degli esteri, era ben considerato dagli investitori stranieri.

L’Alleanza del lavoro e della libertà

Questa alleanza è guidata dal Partito Democratico del Popolo (HDP) filo-curdo, attualmente il terzo più grande gruppo in parlamento e considerato come un potenziale kingmaker nelle elezioni.

L’HDP non ha schierato un candidato presidenziale e non ha mai appoggiato esplicitamente qualcuno in passato, ma ha detto che si assumerà la sua “responsabilità contro la regola individuale”. La cooperazione dell’HDP con l’opposizione nelle elezioni locali del 2019 ha contribuito a sconfiggere l’AKP nelle principali città.

Ma veniamo all’ex leader del Partito democratico popolare (HDP) filo-curdo: Selahattin Demirtas.

A 49 anni egli rimane una figura politica chiave nonostante sia in carcere dal 2016. Demirtas rischia una potenziale condanna all’ergastolo per l’accusa di aver istigato le proteste del 2014, che hanno causato molte vittime.

HDP ha annunciato che sosterrà la candidatura del principale rivale di Erdoğan: Kılıçdaroğlu.

Vediamo poi il Partito dei lavoratori della Turchia (TIP) che si è unito all’alleanza dopo essere emerso come figura di opposizione all’indomani dei terremoti del 6 febbraio.

L’alleanza include anche il Green Left Party (YSP), sotto la cui bandiera i candidati dell’HDP correranno per aggirare la sua potenziale chiusura a causa di una causa legale.

Altre figure chiave in Turchia:

Impossibile non pensare al sindaco di Istambul (Ekrem Imamoglu) e al sindaco di Ankara Mansur Yavas.

Dopo cinque anni come sindaco del CHP di un distretto di Istanbul, l’ex uomo d’affari Ekrem Imamoglu, 52 anni, è salito alla ribalta nel 2019 quando ha sconfitto il candidato dell’AKP alle elezioni municipali di Istanbul. È stato condannato a più di due anni di carcere nel 2022 per aver insultato pubblici ufficiali e rischia un’interdizione politica se la sentenza sarà confermata.

D’altra parte il politico e avvocato nazionalista Mansur Yavas, 67 anni, ha sconfitto il candidato sindaco di Ankara dell’AKP nel 2019 come candidato del CHP sostenuto da un’alleanza di opposizione. Ha servito per 10 anni come sindaco nazionalista MHP di un distretto di Ankara fino al 2009. Ha lasciato l’MHP ed è entrato a far parte del CHP nel 2013.

Domenica si terranno le elezioni più combattute e incerte della storia turca degli ultimi vent’anni. Per la prima volta, Erdoğan sente il suo potere scricchiolare.

Maria Paola Pizzonia