La condanna per stupro di un guru indiano ha scatenato proteste e disordini in almeno cinque stati della nazione asiatica. E ha causato decine di morti. Il nome del santone è Ram Rahim Singh e sembra uscito da un film di Bollywood. Una storia che ha dell’incredibile e che sembra il soggetto di un film, ma purtroppo, è la realtà.
I disordini seguiti alla condanna del guru indiano credits: AgiLe proteste e gli incidenti causati dalla condanna del guru indiano Ram Rahim Singh sembrano quelle scatenate da una rivolta civile. E invece si tratta della difesa di un uomo condannato per lo stupro di una quindicenne. L’ultimo bilancio, purtroppo ancora provvisorio, parla di 32 morti, 250 feriti e 1.000 arresti. E purtroppo sembra destinato a salire ancora. Polizia ed esercito si sono scontrati con i seguaci del “guru luccicante” in almeno cinque stati indiani: Punjab, Haryana, Uttar Pradesh, Rajastan e Chhattisgarh. L’epicentro delle violenze è stata la città di Panchkula, nello Stato settentrionale dell’Haryana, uno delle roccaforti del santone. Non è stata risparmiata nemmeno la capitale, Nuova Delhi, dove sono stati incendiati un autobus e due treni.
Gli scontri sono iniziati non appena si è diffusa la notizia: il guru era stato riconosciuto colpevole di stupro. Subito dopo, nelle città di Sirsa e Panchkula, 150.000 persone, fan del santone, si sono riversate in piazza per protestare contro la decisione dei giudici. Nel frattempo l’uomo è stato trasportato nel carcere di Ambala. Ancora non si conosce l’entità della pena, che va da un minimo di 7 anni all’ergastolo e che verrà decisa il 28 agosto, ma sappiamo che il cinquantenne è arrivato in tribunale in un convoglio composto da circa 200 veicoli.
Ma cosa spinge tutte queste persone a mobilitarsi per il guru indiano? Forse la difesa di un personaggio troppo e troppo istintivamente amato e venerato. Una figura che può contare su centinaia di migliaia di adepti pronti a tutto per lui.
Milioni di seguaci per la setta del “Rockstar Guru”
Ma chi è Ram Rahim Singh, il guru che ha scatenato tutti questi disordini in India? Chiamato anche “guru luccicante” o “Rockstar Guru”, è un personaggio legato anche al mondo dello spettacolo in quanto cantante, attore e regista. Indossa gioielli vistosi come un rapper americano e ha girato una decina di video. Per il cinema ha diretto e interpretato tre “pellicole” incentrate sulla sua figura e accompagnati da forti polemiche, tra cui “Messaggero di Dio” in cui combatte alieni, fantasmi ed elefanti.
Il guru indiano Ram Rahim Singh credits: NDTV.comMa il suo potere e il suo seguito arrivano soprattutto dalla setta Dera Sacha Sauda: ne è divenuto capo alla giovane età di 23 anni, nel 1990. Oggi la congregazione vanta 46 centri e un seguito di 60 milioni di persone in tutto il mondo. La setta ha anche avuto una grande influenza politica e negli anni hanno sostenuto sia il Bharatiya Janata Party (BJP) al governo che il partito del Congresso ora all’opposizione. Solo i fedelissimi del suo ashram (la comunità organizzata intorno a lui in quanto Maestro e all’interno della quale si praticano riti iniziatici e religiosi) sono 200mila.
Luci e ombre del carisma del guru
Un uomo dal grande carisma. Questo spiega perché, oltre alle proteste di questi giorni, sia riuscito a mobilitare e convincere tantissime persone per raccogliere fondi per la lotta al diabete, al colesterolo e alle malattie cardiocircolatorie. Oltre ad aver lanciato campagne per l’igiene e per le donazioni del sangue.
Ma il suo essere così convincente e ascoltato, per non dire adorato, ha dei risvolti negativi quanto positivi. Nel 2010 organizzò un matrimonio di massa con mille seguaci, che sposarono altrettante prostitute. Nel 2015 venne accusato di aver indotto 400 adepti alla castrazione per “poter meglio avvicinarsi a Dio”, accusa che lui ha definito “al 100 per 100 falsa”. E oggi scatena le folle di una parte dell’India dopo essere stato dichiarato colpevole di stupro.
La condanna che ha scatenato la rivolta si riferisce al presunto stupro di due ex adepte nel 1999. E porta con sé un giallo, quello giornalista che stava indagando sul caso e che morì nei mesi successivi in un misterioso incidente. Una storia, questa, che ci ricorda quanto sia pericoloso il potere, in tutte le sue forme. Soprattutto quello di mobilitare le persone.
Federica Macchia