Il Regno Unito per mezzo di un referendum è chiamato ad esprimere il proprio voto sull’Unione Europea: to be (in), or not to be (in), that is the question. Il 52% vota a favore dell’uscita dall’Unione Europea e il Primo Ministro David Cameron, il quale si è sempre mostrato contrario all’abbandono del Continente, si dimette e lascia le redini a Theresa May. Iniziano le lunghe trattative per trovare le modalità di egressione del Regno dall’Europa. La Brexit ha inizio.

Brexit, le regole dei giochi

il Primo Ministro David Cameron, si dimise in seguito al voto di maggioranza favorevole alla Brexit

Nelle normative europee, l’uscita di uno Stato membro è regolamentato dall’articolo 50 risalnte al 2009. L’articolo è proposto e redatto da Lord Kerr di Kinlochard sotto le pressioni, guarda casa, della Gran Bretagna stessa. La velleità di volontaria separazione deve essere notificata al Consiglio Europe con ratifica dello Stato richiedente secondo i propri princìpi costituzionali, in questo caso, un referendum. Verrà, così, avviato un periodo di due anni in cui le trattative devono regolare i rapporti futuri che lo Stato uscente avrà con gli Stati Membri una volta chiusi gli accordi. Allo scadere dei due anni, salvo proroghe decise all’unanimità, i rapporti si chiudono senza accordo. La conferma definitiva, ad ogni modo, è lasciata alla maggioranza qualificata del Consiglio Europeo. Dal 23 Giugno 2016 al 31 Gennaio 2020, le trattative diventano complesse e con non poche difficoltà da entrambi i fronti.

Theresa May è il Primo Ministro successore di Cameron, con lei iniziano gli iter normativi per definire la definitiva uscita come Stato Membro. Tuttavia, il suo operato non porta i frutti sperati e nel 24 Maggio 2019, per deontologia amministrativa, si dimette in favore del nuovo leader del Partito Conservatore Boris Johnson. Gli eventi che si succederanno creeranno forti attriti all’interno del Regno Unito. Il Primo Ministro prenderà diverse iniziative che dal Parlamento del suo Governo verranno dichiarate incostituzionali e, pertanto, allungano ancor di più le tempistiche per la conclusione delle trattative. La Regina Elisabetta II il 31 Ottobre 2019 indice nuove elezioni in seguito allo scioglimento della Camera dei Comuni. Infine, dopo ulteriori ostacoli, rettifiche e ratifiche, il 31 Gennaio 2020 il Regno Unito cessa di essere membro dell’Unione Europea e dell’Euratom, la comunità europea per l’energia atomica.

Alcuni dati

Le velleità separatiste partono da alcuni sondaggi registrati negli anni precedenti, l’appartenenza al CE inizia ad essere messa in discussione dalla popolazione Britannica ma, importante precisare, non dal Regno Unito tutto. Infatti Scozia e Irlanda del Nord, nell’interrogazione referendaria del 2016, riporteranno una maggioranza favorevole al mantenimento dei seggi europei ( Scozia 62%- Irlanda del Nord 55% circa). Mentre Inghilterra e Galles riporteranno una non troppo netta maggioranza per l’uscita dall’Europa. La Brexit è sancita da una maggioranza che non lascia nulla di vittorioso: appena il 52%.

Le reazioni dei mercati economici furono pressoché immediati: in due ore rispetto al dollaro, la sterlina perde dieci punti percentuali sui mercati e del 7% a favore dell’Euro. Inoltre, dal punto di vista della politica interna, dati i risultati in contrasto con l’allora Primo Ministro David Cameron, il Governo si scioglie. Successivamente, Irlanda del Nord e Scozia berciano sempre più strenuamente le loro istanze di indipendenza, forti del netto contrasto della volontà da loro espressa: sì all’unione europea.

L’euroscetticismo

Il caso Brexit, ad un’attenta analisi, si scoprirà essere una propaggine di quelli che sono i movimenti euroscettici che sempre più stanno dilagando nella politica interna afferente agli Stati membri, e non. Derive populiste e nazionaliste, infatti, identificano nell’Unione Europee – e nella fattispecie la BCE (Banca Centrale Europea)- un pericolo democratico. Il Consiglio Europeo è vissuto come un trascendentale Leviatano che fa dei diritti dei popoli il suo nutrimento per incrementare il suo potere. Questo è quanto riporta una visione politica che ammicca a derive nazionaliste e non raramente a velleità separatiste.

L’Europa ha senz’altro una necessità di riformare e rivedere alcune sue istanze, di cui ivi non sarà d’uopo esprimere. Purtuttavia, i patti che regolano i rapporti tra gli Stati Membri si ergono a garanti di una democrazia internazionale ben più profonda di paventati interessi particolari di alcune Nazioni astanti al Parlamento Europeo. Il caso Inghilterra è, per motivazioni storico politiche, non sorprendente: la vita del Regno Oltremanica ha sempre avuto rapporti con il Continente pur mantenendo una distinta, e anche orgogliosa, distanza da esso.

La profusione di istanze separatiste, invero, devono mettere in guardia: ove viene covata la divisone si schiuderà il conflitto.

Non bisogna dimenticare che l’Europa nasce dalle ceneri di quei Paesi messi in ginocchio da una Seconda Guerra Mondiale che ha cambiato radicalmente i connotati politici del Vecchio Continente. La Comunità Europea è la risposta alle deflagrazioni belliche per difendere il diritto primario di ciascun popolo: la pace.

Paolo de Jorio

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